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Messaggio Da Camperfree Ven 08 Lug 2011, 06:48

Olanda Minima

Equipaggio:

Stefano (47), Paola (42)
Gianluca (12), Elisa (9)
Autocaravan: Blucamp Sky 50 del 2003, di proprietà
Periodo: dal 7 al 18 agosto 2008

Premessa: utilizzando un fly&drive, io e mia moglie avevamo già visitato l’Olanda diverso tempo fa in primavera, forse il periodo migliore, durante la Floriade che si tiene ogni dieci anni ed è l’apoteosi del tulipano. Avendo pochi giorni a disposizione, l’Olanda c’è sembrata in ogni caso una meta relativamente vicina e fattibile, per diversi aspetti rispondente alle aspettative dei due minorenni al seguito. In più questa volta ci porteremo le biciclette, motivo d’ulteriore divertimento per tutti.

Il Viaggio

Giovedì 7.8 (Gorizia-Villacco, Austria)

Come nostra consuetudine, partiamo da Gorizia verso le 21 in modo da portarci avanti con il tragitto per un paio d’ore. Il traffico è modesto. Superato il confine austriaco, alle 23.30 ci fermiamo a dormire a Villacco, nel posteggio di fronte alle terme.

Venerdì 8.8 (Villacco-Francoforte-Weilmunster, Germania)

Dopo una notte tranquilla, ripartiamo alle cinque: guidiamo entrambi e preferiamo sacrificarci un po’ durante le tappe di trasferimento, per qualche giorno non ci pesa alzarci all’alba. Dopo aver superato agevolmente Monaco di Baviera, nel primo pomeriggio troviamo parecchia coda a Francoforte. Proviamo a cambiare rotta e svoltiamo verso Duisburg, percorriamo una decina di chilometri e la circolazione è di nuovo bloccata. Usciamo dall’autostrada ed affrontiamo un’oretta di tranquilla statale, siamo relativamente vicini alla meta e non vogliamo stare fermi in colonna, vuol dire che ripartiremo domani mattina presto. Pausa serale a Weilmunster, in una graziosa area di sosta gratuita piena di tedeschi gentili e curiosi. Dopo cena battezziamo le biciclette per un rapido giro e costatiamo che le cabine telefoniche teutoniche funzionano perfettamente.

Sabato 9.8 (Francoforte-Hoge Veluwe-Giethoorn, Olanda)

All’alba partiamo furtivamente cercando di disturbare il meno possibile. Riprendiamo l’autostrada, la circolazione è inesistente ed alle 8.30 arriviamo ai cancelli del parco Hoge Veluwe, prima tappa del nostro viaggio. Non c’è ancora nessuno. Esploriamo un po’ i dintorni in modo da sgranchire le gambe, eppure ricordiamo che non è questo l’ingresso migliore. Chiediamo informazioni ad una gentile cassiera, la quale conferma che l’entrata più vicina alla zona del museo è quella di Otterlo, altrimenti partendo da qui affronteremmo venti chilometri in bicicletta: troppi, soprattutto per Elisa. Riprendiamo la marcia ed in un quindicina di minuti arriviamo al posteggio (a pagamento), scarichiamo le bici, corrispondiamo l’ingresso (parco + museo Kroller) e ci tuffiamo tra le bellissime ciclabili che attraversano il territorio, la cui flora particolare ricorda curiosamente la savana africana. Dopo qualche chilometro arriviamo alla zona del museo: visitiamo dapprima la parte esterna con le insolite sculture che la arredano e poi la raccolta di quadri di Van Gogh. Approfittiamo delle numerose panchine per un veloce pranzo al sacco, lasciamo le nostre biciclette e proviamo quelle gratuite, tutte bianche e con freni a pedale, messe a disposizione dei visitatori in quantità impressionante. Passiamo un pomeriggio di gran divertimento, durante il quale i ragazzi si scatenano anche nella simpatica area giochi del centro visitatori, e ripartiamo alla volta di Giethoorn, dove arriviamo in circa un’ora. Troviamo agevolmente l’area di sosta e, seppure un poco stanchi, approfittando della splendida giornata decidiamo di visitare subito il paese. Inforchiamo le biciclette ed andiamo alla ricerca del centro, che in realtà è vicinissimo, basta attraversare la statale, al primo ponte girare a sinistra e proseguire diritti lungo il canale. A dire il vero i nostri ricordi sono un po’ offuscati e vaghiamo inutilmente una mezz’ora prima di trovare la retta via. Sono quasi le 19 quando entriamo tra le stradine di questo splendido villaggio, attraversato da canali che circondano casette che sembrano di marzapane, con i prati curatissimi e le paperette che ti vengono incontro. Affittiamo una barchetta a motore elettrico (dieci euro per un’ora) e ci rallegriamo tutti e quattro navigando in mezzo a queste placide vie d’acqua, solcate da numerosi ponticelli di legno, fino ad arrivare al gran lago che caratterizza questa zona palustre e poi completare il giro rientrando alla base nuovamente attraverso i canali. Alla fine, passeggiatina tra le animatissime viuzze di Giethoorn e ritorno in camper per la cena.

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Parco Hoge Veluwe

Domenica 10.8 (Giethoorn-Staphorst-Amsterdam)

Nell’affrontare un viaggio, solitamente preferiamo approfittare di condizioni favorevoli per non rinviare al giorno dopo eventuali visite, specialmente al nord dove le condizioni atmosferiche sono davvero variabili. Il diluvio che ci accompagnerà per mezza giornata conferma che ogni tanto questa filosofia paga. Di sicuro la visita di Giethoorn sarebbe stata meno piacevole con tutta quest’acqua e la gita in barca presumibilmente avrebbe avuto un finale in stile Titanic (mancavano solo gli iceberg sebbene, andando via, in lontananza m’era perso di vederne uno). Impavidi, dirigiamo la prua verso Staphorst, grazioso villaggio dalle casette tutte verdi, famoso per i particolari costumi indossati dagli abitanti. Continua a diluviare, però quassù è abbastanza normale, gli indigeni non si formalizzano e noi ci adeguiamo senza lamenti. Il paese è deserto, non per la pioggia: sono tutti a messa, lo intuiamo dalle centinaia di biciclette accalcate nelle vicinanze della chiesa. Posteggiamo il camper, attrezziamo l’abbigliamento per bagnarci il meno possibile e via alla scoperta della vera Olanda rurale. Tetti di paglia, finestre, giardini verde smeraldo, zoccoli, vasi, biciclette, fiori e manubri, gocce di pioggia su campanelli luccicanti, strade che improvvisamente si animano di ciclisti vestiti di nero: fantastico, e l’umidità esalta ancor di più quest’atmosfera ottocentesca. Dopo un paio d’ore rientriamo in camper, veloce asciugatura dei piedi e pranzo. Il tempo è sempre uggioso: rapido consulto familiare e decidiamo di muovere verso Amsterdam. Poiché alle grandi città preferiamo i piccoli villaggi e gli ambienti naturali, pensiamo d’approfittare del clima piovoso per affrontare subito la grande e stressante metropoli, in modo da girovagare tra musei senza sprecare giornate soleggiate. Ovviamente, appena arriviamo alle porte della Capitale il cielo s’illumina d’immenso e la pioggia svanisce come d’incanto. C’indirizziamo quindi verso il camping Gaasper, ottima sistemazione a cinque minuti a piedi dalla metropolitana, con la fumosa e variopinta zona tende ben separata da quella per i veicoli ricreazionali (quasi tutti italiani). Acquistiamo alla reception i biglietti validi per 48 ore su tutti i mezzi di trasporto (11 euro ciascuno) e partiamo di gran carriera in direzione centro. In una ventina di minuti arriviamo a destinazione, sono le quattro del pomeriggio ed il caos è totale: fiumi di persone per le strade, zaffate d’erba a profusione, Coffee “Droga” Shop zeppi di personaggi a dir poco singolari (parecchi italiani). In preda ai capogiri, facciamo quadrato riuscendo in qualche modo ad ammortizzare l’impatto: giusto in tempo per una pizza. Placati i morsi della fame, innegabilmente amplificati dal non richiesto aerosol a base d’oppio, realizziamo d’essere abbastanza vicini alla casa di Anna Frank e tentiamo una capatina. Con una piacevole passeggiata in mezzo alle tipiche vie costeggiate da canali, una zona tranquilla e meno frequentata, raggiungiamo agevolmente il museo ed entriamo biglietti alla mano, previa mezz’ora di fila (via internet è possibile prenotare data ed ora d’ingresso evitando le code). La visita è molto emozionante e, secondo noi, irrinunciabile per chi si reca ad Amsterdam. Ormai sono quasi le otto di sera, c’è molta meno gente ed effettuiamo ancora un giro nella centrale zona del municipio animata da numerosi artisti di strada. Rientriamo in campeggio verso le 22, la stradina che dalla metropolitana porta al Gaasper Camping non è tanto illuminata, benché praticata da diversi campeggiatori che vanno e vengono.

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Staphorst

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Amsterdam: zona stazione centrale

Lunedì 11.8 (Amsterdam)

Di buon mattino partiamo alla volta del Museo Van Gogh, meta da non mancare assolutamente. Impossibile rimanere indifferenti davanti ad un simile genio pittorico, fatichiamo a stilare una classifica di merito delle opere esposte, ognuno ha le sue preferenze e tra noi giurati la discussione s’accende sino a rasentare la rissa. Alla fine il primo premio viene assegnato ex aequo a quarantadue quadri. Usciamo estasiati dopo due ore, è forte la tentazione di replicare l’esperienza al vicino e bellissimo Rjiskmuseum, tuttavia non vogliamo esagerare con i ragazzi, ormai in palese calo di zuccheri e che solo grazie al loro particolare allenamento riescono a raggiungere un non lontano fast food. Ricaricati a dovere, approfittiamo degli abbonamenti per girovagare in libertà con i mezzi pubblici. Ritorniamo sui nostri passi e, tra una dispendiosa sosta all’emporio dell’ Hard Rock Café ed un’occhiata alle incantevoli vie di Amsterdam, canale dietro canale arriviamo nella peccaminosa zona rossa, quella delle ragazze in vetrina. Inizialmente siamo abbastanza baldanzosi, soprattutto il dodicenne Gianluca convinto di trovarsi nel paese dei balocchi per adulti. In seguito, però, veniamo travolti dalla triste realtà del luogo: fumatori d’erba a tutti gli angoli, donnine seminude ed ammiccanti, vetrine fin troppo esplicite traboccanti di peni e vagine di tutte le forme e dimensioni, pseudo discoteche per gente arrapata con locandine a dir poco volgari, ed avanti così fino alla nausea. Ci vediamo costretti a bendare l’imbarazzatissima Elisa ed a battere in ritirata recitando un rosario. Amsterdam l’abbiamo ritrovata quasi come ce la ricordavamo: non particolarmente bella (chiamarla la Venezia del nord è fuorviante, nel genere molto meglio Copenaghen), spesso caotica e stracolma di personaggi poco raccomandabili. Un paio di giorni sono più che sufficienti per visitare gli splendidi musei e farsi un’idea della città. Questo senso di gran libertà e tolleranza che si respira in tutta l’Olanda, qui ad Amsterdam trova il suo apice, anche se il nostro disagio ci rende inadeguati ed impreparati. Rientrati in campeggio nel tardo pomeriggio, saldiamo il conto perché domani mattina la sbarra si alza alle sei e noi dobbiamo essere pronti per Bloemenveiling, il mercato dei fiori di Aalsmeer.

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Amsterdam

Martedì 12.8 (Amsterdam-Aalsmeer-Zaanse Schans-Zaandvoort-Maasdam)

Sono le sei di mattina quando varchiamo i confini del campeggio diretti ad Aalsmeer, precisamente alla Flora Holland, dove visiteremo il grandioso mercato dei fiori. Bisogna essere lì intorno alle 7.30, poiché le prime ore del mattino sono le più vivaci e divertenti. Facciamo conoscenza con il complesso dedalo di autostrade che circondano Amsterdam, seguiamo le indicazioni per Bloemenveiling e giungiamo con buon anticipo alla meta. Purtroppo il comprensorio non dispone di un vero e proprio parcheggio per il pubblico. Erriamo inutilmente finché chiediamo aiuto ad una gentile addetta che si appresta ad aprire l’ingresso visitatori. Siamo obbligati a fare il giro di tutto il complesso per trovare un posto, anche se verosimilmente non è quello che c’era stato indicato. Una volta entrati nell’infinito magazzino, dall’alto di un camminamento si gode dello spettacolo offerto dal via vai continuo di operai, carrelli, trenini, biciclette e fantascientifici nastri trasportatori (tipo Monsters&Co, per chi ha visto il film), indaffarati nello smistare milioni di fiori. Siamo a due passi dall’aeroporto di Schipol e la struttura è circondata da moltissimi TIR che attendono d’essere riempiti. In più, da dietro grandi vetrate è possibile seguire in diretta le aste che si svolgono di continuo in due apposite sale, il cuore commerciale del sistema, con utili spiegazioni addirittura in italiano. Terminiamo il tour intorno alle dieci, quando il movimento è ormai scemato: arrivare adesso sarebbe un peccato. Prossima meta Zaanse Schans, la patria dei mulini. Ripassiamo la circonvallazione di Amsterdam ed in poco più di un’ora siamo arrivati. Parcheggiamo (sei euro) e sotto un cielo plumbeo diamo inizio alla visita di questo sito-museo laddove, oltre ai mulini, si possono ammirare le tipiche casette di legno olandesi. Interessante anche la dimostrazione pratica con la quale il titolare di uno dei numerosi negozi produce in diretta un paio di zoccoli. Causa acquazzone rientriamo in camper per il pranzo, ma subito un forte vento spazza la pioggia e dunque ritorniamo al villaggio per godere dello spettacolo dei mulini con cielo azzurro e nuvolette bianche. Nel primo pomeriggio breve trasferimento a Zaandvoort, sulla bella spiaggia a ridosso di un’oasi naturale. Il vento è fortissimo, insopportabile, così si fatica perfino a camminare. Rincasiamo con scarpe ed orecchie piene di sabbia, al punto che per la prima volta credo di aver superato il peso massimo consentito a pieno carico. Verificata l’incertezza climatica, stabiliamo di spostarci ad ovest verso la zona del Delta. In un paio d’ore siamo a Dordrecht e ceniamo in un provvidenziale fast food.

Tiriamo avanti ancora un pezzo fino al bel borgo di Maasdam: vicino ad un laghetto c’è un’area di sosta. Arriviamo all’imbrunire, troviamo dei mezzi (tre italiani, un belga) anche se pare tutto deserto. Con circospezione ci avviciniamo ad un casolare. All’interno delle persone sono intente a cenare, pensiamo d’aver sbagliato quando alle nostre spalle piomba la proprietaria, una specie di Nonna Papera che pretende quindici Euro per il pernotto su un prato, senza elettricità. Gentile ma insistente, la signora inizia a raccontare la storia della sua vita, ci presenta i suoi dodici cani e distribuisce depliant a destra ed a manca, magnificando le bellezze della zona. Ho fretta, devo svuotare i serbatoi, fatico a liberarmi e fingo una crisi cardiaca. Finalmente eseguo lo scarico, è quasi notte eppure, spaventato da una specie di manichino da guardia che mi fissa nella penombra, faccio il bis. Concludo la bella serata in una doccia trasparente posta nel mezzo di un corridoio che conduce alla sala da pranzo. Mi lavo il più velocemente possibile, temendo che Nonna Papera possa comparire all’improvviso per vendermi una saponetta. Rientro al camper di corsa, in pratica nudo e probabilmente inseguito dal manichino. Il buio mi agevola, però vado a sbattere su un’altalena. Il tonfo è talmente forte che al camper di Milano scatta l’allarme. E poi sostengono che l’Olanda sia tranquilla: che avventura, ragazzi!

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Aalsmeer: mercato dei fiori

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Zaanse Schans

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Zaandvoort

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Maasdam: mulino on the road

Mercoledì 13.8 (Maasdam-Delta-Enkuhizen)

Oggi la sveglia per noi genitori suona alla sette. Evitando qualsiasi rumore per non destare Nonna Papera, irroriamo la zona di gas soporifero e prima d’accendere il motore spingiamo il camper a braccia per un paio di chilometri. Nella quiete mattutina pilotiamo verso il parco del Delta a Burg-Haamstede, direzione Middelburg. Il tempo è nuvoloso ed il vento fortissimo. A causa delle continue folate fatichiamo a tenere in strada il mezzo, il limite di 100 km/ora è improponibile su questa lunghissima strada che corre sopra un argine, un minimo errore e finiremmo tutti in acqua. Arriviamo sul Delta alle nove, come sempre in Olanda l’orario d’ingresso è fissato alle dieci e pertanto n’approfittiamo per fare colazione in tutta tranquillità. Dopo che negli anni ‘50 una terribile tempesta sommerse mezzo Stato, il governo pensò bene di salvaguardare le terre dalla furia del Mare del Nord edificando dighe per centinaia di chilometri. Ebbene, il parco del Delta si trova sopra una di queste dighe ed in pratica è un sito metà museo e metà parco divertimenti, anche se la didattica è sempre presente. Passiamo qui l’intera giornata, in una continua alternanza di sole e pioggia, dividendoci tra filmati storici, balene interattive, discese in canotto, galleria del vento (prima d’entrare meglio togliersi la dentiera), vasca esterna con le immancabili simpatiche foche, acquario interno non particolarmente elettrizzante, breve gita in nave (evitabile, pensavamo di andare nei pressi della diga ed invece abbiamo fatto un noioso giretto di un’ora inseguiti dai gabbiani). Insopportabile il filmato 3D, fuori tema e puerile, nonché nauseante per chi come me soffre dell’accoppiata occhiali speciali ed effetto mare mosso. Pranziamo all’interno della struttura divorando enormi e gustosi panini autoctoni, vero trionfo di colesterolo (trenta Euro in quattro). Nel tardo pomeriggio concludiamo la visita passeggiando sopra le chiuse ed ammirando i potentissimi vortici che crea la corrente marina. Guardo mia moglie negli occhi e mi rendo conto che con una leggera spinta potrei trasformarmi in un’appetibile vedovo. Invece è solo un fugace pensiero, che mi attraversa i neuroni mentre precipito in acqua. Chi la fa…
Ormai siamo fuori tempo massimo, i custodi devono venire a cercarci giacché alle 17.30 si chiude. Cacciati con ignominia senza neanche il tempo di far pipì, viaggiamo una mezz’ora fino a giungere in una bella baia piena di camper in sosta e windsurfisti in azione. C’ intratteniamo per la cena ed abbiamo la tentazione di rimanere anche per la notte. Il vento è però sempre più poderoso ed il camper balla meglio di John Travolta. Tra l’altro è quasi buio e se ne sono andati praticamente tutti. Da un rapido calcolo trigonometrico comprendiamo che Enkuhizen, nostra prossima tappa, dista poco più di due ore da qui. Non siamo stanchi e pertanto schiacciamo a fondo sull’acceleratore. Riattraversiamo l’Olanda in senso inverso ed alla 23 giungiamo ad Enkuhizen in cerca di un parcheggio vicino all’imbarco per il celebre Zuiderzee Museum. Proviamo dapprima alla stazione ferroviaria, ma la sistemazione non è di nostro gradimento. Andiamo quindi alla ricerca dell’entrata principale ed una volta trovata ci sistemiamo nel posteggio prospiciente assieme ad altri camper, non vediamo divieti e la cosa è di non poco conforto. A quest’ora la nostra baldanza è decisamente calata e siamo anche un po’ dubbiosi sull’utilità della tirata notturna. Un provvidenziale quanto dirompente temporale arriva giusto in tempo per sancire la fine delle ostilità.

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Delta

Giovedì 14.8 (Enkuhizen-Alkmaar)

Oggi il tour prevede lo Zuiderzee Museum, ricostruzione di un villaggio d’epoca con annessi figuranti impegnati nei vari mestieri del tempo, dal mugnaio alla farmacista, dal fornaio al pescatore. Anche in questo caso l’apertura è alle dieci: acquistiamo i biglietti, saliamo su di un comodo traghetto ed in cinque minuti approdiamo all’ingresso del sito, dove passeremo una piacevole ed istruttiva mattinata. Rientrati al posteggio, scarichiamo le due ruote ed andiamo a pranzare in un vicino fast food. Nel pomeriggio, sempre con le fide biciclette al seguito, giretto nella bella Enkuhizen. Qui sorge un problema. C’è la necessità di rimpinguare le scorte alimentari, però fino ad oggi non abbiamo ancora avuto il piacere d’incontrare un supermercato. Le periferie delle città Olandesi pullulano di centri commerciali, da quelli specializzati in manubri per tandem a quelli per il mulino fai da te, ma di vivande neanche l’ombra. Tentiamo la sorte girovagando in lungo ed in largo per il centro città sperando d’incocciare almeno in una panetteria. Troviamo negozi di tutti i tipi meno quelli che servono a noi, a parte alcune gelaterie. A questo punto, convinti che gli olandesi siano degli asceti e che si alimentino solo d’erba e bulbi, progettiamo di rapire una mucca per procuraci per lo meno del latte. Ormai rassegnati, incrociamo una chiesa, entriamo ed accendiamo un cero: miracolo! Uscendo, subito dietro l’angolo appare ai nostri occhi un succulento mini market. Lo saccheggiamo da cima a fondo e saltando fuori c’accorgiamo d’aver imbustato anche la cassiera. Carichiamo i velocipedi all’inverosimile e rientriamo faticosamente al camper pedalando contro vento. E’ giunto il momento di salutare Enkuhizen, la prossima meta è Alkmaar: domani assisteremo al celebre mercato del formaggio. In un’ora arriviamo alla meta e scoviamo un parcheggio vicino al nucleo urbano, gratuito ed ubicato a ridosso di un complesso sportivo: la sosta notturna è consentita ed arrivano anche altri mezzi di connazionali. Prima di cena, allenamento nei numerosi campi di calcio, privi di recinzioni, mentre alcuni cavalli sfilano a poche incollature da noi trottando nell’apposita pista. Volendo, con pochi spiccioli è possibile accedere ad una piscina coperta.

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Enkuhizen: Zuiderzee Museum

Venerdì 15.8 (Alkmaar-isola di Texel)

Alle otto balziamo sui bicicli ed in una decina di minuti, lungo le solite onnipresenti piste, raggiungiamo il centro di Alkmaar. Giriamo con calma tra le stradine di questa bella cittadina e verso le 9.30 raggiungiamo la piazza principale, nella quale si terrà il mercato del formaggio. Numerosi turisti si stanno già accalcando intorno alle transenne che delimitano lo spazio riservato al pubblico. Troviamo una sistemazione abbastanza strategica ed alle dieci, come sempre, inizia il collaudato spettacolo. La piazza è lastricata di forme di formaggio, venti chili cadauna, e dei simpatici ragazzoni le caricano su delle apposite carriole, scorrazzandole velocemente da tutte le parti (una specie di mozzarella in carrozza). Nel frattempo alcuni personaggi inscenano un’asta, altri offrono degli assaggi, mentre graziose signorine in tenuta tradizionale propongono di continuo i soliti depliant turistici. Persuasi d’aver fatto divertire la prole, dopo un’ora abbondante di questa pantomima decidiamo che per oggi basta, anche perché la folla è aumentata a dismisura ed i ritardatari spingono per trovare un pertugio, nonostante l’evento sia ormai quasi concluso. Quando Gianluca ed Elisa confessano d’essersi annoiati a morte, e di aver di gran lunga preferito lo ZuiderZee Museum del giorno prima, noi genitori più che sorpresi siamo orgogliosi: i pargoli stanno crescendo, iniziano ad avere spirito critico e non si fanno più abbagliare da manifestazioni turistiche preconfezionate. Bene. Riprendiamo le ciclabili per tornare al posteggio. In attesa del pranzo, sfida calcistica in famiglia tra i bellissimi campi in erba sintetica del complesso sportivo: siamo soli e li proviamo tutti. Nel primo pomeriggio leviamo le ancore alla volta dell’isola di Texel, oggi è venerdì ed il traffico inizia a farsi intenso man mano che ci avviciniamo al porto d’imbarco di Den Helder. Una volta arrivati, le pratiche sono veloci. Paghiamo 52 euro per il tragitto a/r ed in un quarto d’ora tocchiamo terra in quel di Texel. Puntiamo a De Koog, paese situato al centro dell’isola, ed a sorpresa individuiamo ben due grandi supermercati: alleluia, riusciremo a sfamarci! Superiamo il borgo e troviamo sistemazione in un bel campeggio, abbastanza caro, anche se pulitissimo ed ordinato. Inoltre, la posizione è strategica per visitare l’isola. Sono le cinque del pomeriggio, c’è una luce eccezionale e ci tuffiamo a capofitto tra le ciclabili. Maciniamo velocemente un paio di chilometri ed effettuiamo la prima sosta in una zona caratterizzata da numerose dune, quasi tutte ricoperte d’erba, un continuo saliscendi che smentisce chi sostiene che l’Olanda sia tutta piatta. Proseguiamo per altri cinque chilometri in mezzo a pecore, casette solitarie ed improvvisati banchetti con uova e marmellate in vendita, finché approdiamo a De Slufter, forse la parte più caratteristica di Texel. Scavalchiamo le dune e capitiamo all’interno di un immenso anfiteatro paludoso. Camminiamo per due chilometri fino a raggiungere la spiaggia, lunghissima e poco frequentata. Siamo immersi nella natura: mare, vento, sole, cielo azzurro puntellato di nuvole bianche, volatili dappertutto e voglia di rimanere qui per sempre. Il silenzio regna sovrano, la maestosità del luogo ti schiaccia e provoca vertigini. E’ sera allorché rientriamo alla base. Un’occhiata al meteo ci conforta: domani sarà un’altra giornata indimenticabile.

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Alkmaar: mercato del formaggio

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Texel: De Slufter

Sabato 16.8 (isola di Texel)

Il sole splende mentre percorriamo i novecento metri che separano il campeggio dalla spiaggia. Eravamo intenzionati a recarci al museo Ecomare, sicuramente interessante con il suo ospedale per foche ammalate, però nel genere avevamo già visitato il parco del Delta e quindi preferiamo una giornata sul litorale. Arriviamo di primo mattino e non c’è ancora nessuno, poi intorno a mezzogiorno cominciano ad approdare numerose famiglie, in media con tre figli al seguito. La spiaggia si popola di tende, sipari antivento, carrelli porta vivande, seggiole e sdraio. Non ci sono ombrelloni, bensì lunghe file di cabine poste sulla cresta della spiaggia, proprio sotto le dune. Gli addetti al salvataggio utilizzano un gommone per i loro continui spostamenti, qui le correnti non scherzano ed è sconsigliato avventurarsi al largo. I temerari bagnanti sono comunque parecchi ed anche i nostri ragazzi provano l’ebbrezza di un tuffo nel Mare del Nord. Ad onore del vero la temperatura è mite, l’acqua tiepida, le onde sono divertenti ed alla fine l’esercizio natatorio dura anche troppo. Nel pomeriggio divisione dei compiti: Paola ed Elisa raggiungono gli empori di De Koog, Gianluca ed io approfittiamo di un campo di calcio. La sera il campeggio organizza un torneo di baseball per ragazzi al quale partecipano volentieri i nostri due virgulti. Io, invece, mi precipito nuovamente alla spiaggia con macchina reflex e treppiedi al seguito. C’è poca gente, il sole si scioglie all’orizzonte affogando in mezzo alle nuvole, mi fanno compagnia solamente qualche gabbiano, la risacca del mare ed il soffio del vento sul viso. All’imbrunire sono abbordato da due colleghi olandesi con i quali discorro amabilmente di fotografia e vacanze. Mi fermo ancora un attimo perché voglio immortalare gli ultimi riflessi di luce sulle onde. Inizio il rientro che è praticamente notte, pedalo in solitudine sotto le stelle e sospiro beato ogni dieci metri. Nel frattempo un cigolio sinistro mi accompagna durante il tragitto, sembra il verso di un uccello sofferente. Accelero, eppure il lamento insiste ancora più forte. In prossimità del campeggio, affronto una leggera discesa inseguito da un sibilo assordante. Un brivido di terrore mi attraversa il corpo: che sia stato preso di mira da qualche rapace notturno? La mattina seguente scoprirò che la dinamo della bicicletta si era piegata facendo attrito sulla ruota: altro che gufo famelico!

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Texel: sabato in spiaggia

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Texel: tramonto sul Mare del Nord

Domenica 17.8 (Texel-Grande Diga-Dusseldorf-Aschaffenburg, Germania)

Ultima giornata a Texel, ed anche in Olanda. Lasciamo il campeggio dopo le nove ed andiamo alla punta est per vedere il faro. Quando arriviamo al grande parcheggio davanti all’ingresso della spiaggia, appuriamo che le condizioni meteorologiche non invogliano ad uscire. L’aria è fresca, il cielo grigiastro ed il vento pizzica le orecchie. Intrepidi, affrontiamo la situazione con una passeggiata d’addio sul bagnasciuga. Pure se lo volessimo, qui nuotare è proprio vietato, i cartelli sono espliciti così come lo è la corrente che fa ribollire le onde di questo mare scuro e poco invitante. Ce ne andiamo dal litorale: il grosso della famiglia rientra per un corroborante the caldo, mentre io m’attardo ancora una mezz’ora per ritrarre il faro da angolazioni diverse. E’ giunto il momento di salutare Texel, per effettuare il breve tragitto che ci riporta all’imbarco seguiamo in senso orario la strada che fa il periplo dell’isola. Saliamo sul traghetto velocemente, le partenze si susseguono ogni sessanta minuti, non c’è la biglietteria. Il tempo è ancora livido, umido, quasi a voler addolcire il commiato, giustificarlo. Prima di prendere la via del rimpatrio, effettuiamo un’andata e ritorno a Den Oever per una corsa sulla propinqua diga lunga trenta chilometri. Inizia quindi il fiacco viaggio di rientro, il traffico è tranquillo allorché a Dusseldorf rimaniamo bloccati in una fila biblica. Deliberiamo di uscire dall’autostrada, attraversiamo velocemente Dusseldorf e, con una vecchia cartina stradale in mano, ignorando le implorazioni del navigatore che disperatamente cerca di farci tornare indietro, ci destreggiamo ad intuito in direzione sud finché recuperiamo una delle numerose autostrade della zona e proseguiamo placidamente il nostro itinerario. Verso sera usciamo per sistemarci nell’area di sosta gratuita della bella Aschaffenburg, laddove c’imbattiamo in una fiera alquanto movimentata. Durante la notte un paio di ubriachi si appoggiano un po’ al camper, ma nulla di grave. L’area è piena all’inverosimile, scorgiamo anche delle tende, speriamo che nessuno si addormenti sul nostro portabici.

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Texel: Faro

Sveglia alle cinque, si torna a casa! Non c’è traffico ed iniziamo a ragionare sul viaggio che volge al termine. Valutiamo che Aschaffenburg avrebbe meritato una visitina, tuttavia, come succede in ogni nostra spedizione, nel momento in cui giungiamo sulla via del rientro l’entusiasmo svanisce subito e lo spirito del viandante si attenua proporzionalmente con lo scorrere dei chilometri. Avanziamo spediti, non subiamo rallentamenti e con Paola al volante a metà pomeriggio sbuchiamo sulla soglia di casa: abbiamo vissuto un’altra piccola intrigante avventura, i ricordi sfumeranno nella quotidianità, ma già immaginiamo di riprovarci il prima possibile.

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Autoscatto di gruppo ad Enkuhizen

Note Finali

Dieci giorni in Olanda non sembrano molti, eppure li ritengo idonei per avere un’idea sufficientemente approfondita della regione. Le distanze sono contenute ed è difficile stancarsi. Abbiamo attraversato un paio di volte mezza Nazione, seguendo l’indole ed il meteo, senza mai affrettare i tempi o forzare le situazioni. Detestiamo correre all’impazzata solo per collezionare chilometri o piantare bandierine in posti diversi, se un luogo ci aggrada preferiamo indugiare un giorno in più e rinunciare a qualcos’altro. Indubbiamente, a chi avesse più tempo a disposizione consiglierei di visitare meglio la fascia intorno ad Amsterdam, forse la più caratteristica (Marken, Hoorn, Edam, Monnickendam). Meritano inoltre una scappata l’Aja e la spiaggia di Scheveningen, Delft con le sue ceramiche, i mulini di Kinderjiik e la graziosa Middelburg, quasi ai confini con il Belgio. Ad ogni modo, le zone che abbiamo toccato sono più che rappresentative di quello che offre il Paese. L’Olanda si gira volentieri e per noi camperisti l’accoglienza è decisamente ottima. Singolare invece la difficoltà avuta nel reperire dei supermercati. Indispensabili le biciclette: non utilizzarle sarebbe come andare a sciare senza portare gli sci.

Spese: non per snobismo, sicuramente per pigrizia, ma non siamo dei maniaci nell’elencare costi e distanze percorse. Di questi tempi è palese che il carburante sia l’esborso maggiore, i viveri non li conteggiamo siccome la spesa va fatta anche a casa e sovente all’estero i prezzi sono inferiori. Oltre a ciò, l’ammontare dei pernotti non incide molto. Per gli extra, ingressi a pagamento inclusi, ognuno si regola in base alle proprie possibilità. Complessivamente, abbiamo tirato fuori all’incirca 1.800 Euro.

Lingua: siamo alla presenza di uno dei pochi idiomi al mondo composto solamente da consonanti. Senti parlare gli olandesi e sembra siano affetti da gravi problemi polmonari. A parte qualche similitudine con il tedesco, il resto è uno scatarramento continuo. Meglio adoperare l’inglese, diffuso ovunque.

Soldi: abbiamo utilizzato con soddisfazione la carta di credito ricaricabile Postepay, circuito Visa, accettata dappertutto tranne che nei distributori Aral in Germania, in un mini market ad Enkuhizen (solo carte native) e presso i McDonald’s.

Clima: estremamente variabile, mai freddo, spesso ventoso. La luce brillante e le nuvole che si rincorrono creano scenari molto fotogenici. Il sole può picchiare abbastanza forte ed è consigliabile utilizzare creme ad alta protezione, la brezza persistente mitiga la calura e ci si scotta senza accorgersene. Se c’è pioggia noi preferiamo indossare pantaloni corti e calzare sandali: si bagnano i piedi, però ti asciughi in un attimo e non inzuppi scarpe, calzini e camper.

Autostrade: gratuite in Olanda e Germania; in Austria gli automezzi fino a 35 quintali pagano 7,60 Euro per 10 giorni. Il traffico in Olanda è caotico intorno alle città e lungo l’asse Amsterdam-Rotterdam. Gli olandesi al volante sono abbastanza diligenti, a parte i soliti giovinastri sbruffoni, sovente galvanizzati dall’alcool e dal “fumo”. Snervanti i semafori: il verde dura pochissimo e si passa in tre alla volta, senza dubbio contribuiscono a rallentare non poco il traffico.

Cosa ci è piaciuto di più: l’isola di Texel.
Cosa ci è piaciuto di meno: il mercato del formaggio di Alkmaar, ma senza rancore;
se non l’avete mai visto è in ogni caso una meta divertente e da non mancare.

[center]Soste notturne
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NB: le coordinate non sono state verificate personalmente; i formati sono diversi in quanto ripresi in parte da guide ed in parte da Google Earth

Qualora vogliate il mio e-mail non esitate di contattare lo Staff di camperfree

Autore Stefano Toselli
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