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Vacanze Natalizie

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Messaggio Da Camperfree Sab 17 Dic 2011, 15:59

Vacanze Natalizie 2010 – 2011

di Zetros

Quest'anno si è deciso di rimanere in Italia e comunque non tradiamo affatto l'impegno preso anni or sono che ci voleva, per quanto fosse possibile, per Capodanno in una capitale europea.
E quale migliore capitale se non Roma???
Città eterna che segnò la storia, la civiltà e che ancor oggi consegna ai nostri occhi la magnificenza dei suoi monumenti, la bellezza dei suoi musei, il fascino dei palazzi del potere, la semplicità e l'originalità dei suoi abitanti. Irene e mia moglie, non avendola mai visitata, fortemente han caldeggiato questa scelta ed io non ho fatto altro che adeguarmi, forte del fatto che qualcosa conoscevo, avendo lavorato per dieci anni per un'azienda romana, e non ultimo della facilità di reperire informazioni trattandosi della nostra capitale ed in miriade di siti e libri argomentata.
Molto ho letto nel sito dell'amico Copenga che fornisce ottimi spunti per le visite ed altrettanti altro.
Nel sito addirittura il link per scaricare delle audio guide per Ipod sui monumenti più carismatici di Roma; download prontamente eseguito.

26 Dicembre 2010
E' tradizione passare Natale a casa ( e lo facciamo da soli stavolta senza cene o pranzi coi parenti) per poi metterci in marcia il giorno di Santo Stefano e pure stavolta facciamo così lasciando quindi casa verso le 14.30 circa con destinazione l'area di sosta di Arezzo, passando però dalla sorella di mia moglie che voleva salutare e stringere un pochino Irene.
Conosciamo l'affidabilità di quest'area e ne avevamo anche usufruito nel 2009 nella tappa di avvicinamento a Napoli da dove traghettavamo per Palermo in occasione del tour fatto in Sicilia ad agosto.
Il viaggio è tranquillo e non ci sono particolari note da segnalare tranne il continuo brontolio sommesso del mio portafoglio che se la deve vedere con un costo del gasolio esagerato e con la sete sempre più forte del nostro incrociatore.
A proposito dobbiamo sempre battezzarlo ma non lo abbiamo ancora fatto..............
E' segnalata neve sugli Appennini e la troviamo ma siamo coscienziosamente attrezzati con gomme da neve e passiamo senza la minima difficoltà e senza manco rallentare la nostra tabella di marcia; dovrebbero rendere obbligatorio il montaggio
delle gomme invernali sui veicoli. Ad Arezzo ci arriviamo che son quasi le 20.00 e troviamo posto.
L'area è affollata sia di “stanziali” (chi abita e parcheggia li il camper), sia di itineranti che come noi approfittano delle vacanze per andarsene a zonzo per il nostro Belpaese.
Alcuni sono già rintanati all'interno e dalle finestre si intravvedono mamme alle prese coi fornelli e padri alle prese coi cuccioli che saltano e giocano in mansarda; altri son silenziosi e chiusi, segno che i proprietari sono a visitare la cittadina.
Noi optiamo per la soluzione visita e cena fuori e pertanto metto l'oscurante, prendo giubbotto e digitale ed aspetto che le donne sian pronte.
La serata è limpida, fredda, l'aria riempie naso e polmoni e nel rilasciarla mi diverto fare con la bocca il classico “fumetto” prontamente imitato da Irene che nel frattempo mi ha raggiunto.
Il centro non è lontano, e troviamo anche alcuni camper parcheggiati nel parcheggio delle scale mobili.
Arezzo, che sta su una collina come tantissimi paesi toscani, ha delle scale mobili che dal comodo e bel parcheggio salgono alla città e la geniale soluzione è apprezzata soprattutto da anziani che sento positivamente commentare mentre cammino al loro fianco.
Alla sommità ci accoglie il Duomo, austero e davvero imponente, forse anche perché è situato nel punto più alto tanto che per entrarvi bisogna anche superare dei gradini.
Siamo nel periodo natalizio e stanno celebrando una funzione e siccome è quasi alla fine, decidiamo di entrare per darvi una sbirciata.
L'ingresso avviene non dal portone principale che è chiuso (penso che scaldarlo sto Duomo sia un impresa, se si lascia anche aprire il portone principale esce in un sol colpo tanto di quel calore da vanificare tutto), ma da una porta laterale a doppio battente.
Il presepio, in questo periodo, accoglie il fedele e la disposizione è la classica con grande navata centrale e due laterali più piccole.
Ai lati altari inferiori fanno da cornice all'altare principale posto esattamente al centro della grande croce disegnata dalla forma della chiesa e dove il sacerdote sta accogliendo tutti i fedeli donando loro un oggettino natalizio.
Dà la sensazione di essere una comunità molto unita e si respira una bella atmosfera.
La confusione è elevata con tutte le persone che si muovono in tutte le direzioni, ma tutto sommato non c'è fragore e le persone parlano e si salutano sommessamente.
Veniamo risucchiati nell'onda umana incolonnata per ricevere il gadget natalizio e solo all'altezza dell'organo mi defili per poterlo fotografare.
C'è felicità, serenità, sorrisi veri e non di circostanza e tutto questo ci piace.
Usciamo e percorriamo la via in discesa che ci porta alla piazza dove senza tanto cercare ci fiondiamo dentro al primo ristorante che troviamo, il Boccon del Re.
Forse ci siamo lasciati attrarre dal nome roboante, ma non abbiamo trovati nulla di speciale.
Comunque Irene voleva la pizza e qui ha potuto soddisfare la sua voglia.
Un bel giro per la cittadina, a ritroso sulla piazza con salita per una strada parallela a quella usata per scendere, foto al municipio imbandierato, ad una casa con splendido porticato e rientro al camper usando al contrario le scale mobili.
Certo se volete digerire potere farle anche a piedi le scale, come hanno fatto Jenny ed Irene, ma io ho preferito “larvare” lasciandomi scala-mobilizzare.
In camper un bel the caldo ci ritempra dal vento freddo patito camminando per la città e ce lo godiamo davanti alla TV con la truma che trumeggia a go-go.

27 Dicembre 2010
Passiamo una notte tranquilla ed il risveglio lo è altrettanto, senza fretta, senza confusione, calmo, molto calmo.
Il profumo del caffè invade ogni angolo e sorseggiarlo bollente, nero, giustamente zuccherato è un piacere sublime, più della brioches alla confettura di albicocca mangiata poc'anzi.
Ci rimettiamo in marcia senza fretta e riprendiamo l'autostrada direzione Sud.
A mezzogiorno usciamo ad Orte dove pranziamo in un ampio parcheggio per camion.
Nei dintorni trattorie per camionisti, un lavaggio, un paio di negozi ed un Lidl.
Noi pranziamo in camper e poi ci fiondiamo dentro al........................lavaggio!!
Si perché dal ponte dell'immacolata trascorso in Baviera del sud, ancora non aveva dato una sciacquata al mezzo dal sale accumulato; sicuramente non ho fatto un lavoro adeguato, ma in attesa di portarlo a lavare per davvero ed a fondo, intanto gli regalo una doccetta veloce veloce.
Io opero con la lancia, Jenny fuma ed infila gettoni, Irene sta dentro in dinette a giocare con il DS.
Riprendiamo il casello a pochi metri ed alle 14.30 siamo in via Nomentana dove avevo prenotato presso l'area LGP una piazzola dal 27 dicembre al 02 gennaio.
Prenotare è stato vitale (l'ho fatto a novembre via internet), l'area non è ancora piena zeppa ma è destinata a diventarlo e non accettano altre prenotazioni mi dicono alla reception da almeno una ventina di giorni.
Molto curata, ben organizzata, capiente, vigilata e video sorvegliata offre base sicura per visitare Roma ed il buon Fabio (non quello di striscia ma Copenga) aveva ragione.
I mezzi pubblici sono a pochi metri fuori dall'area e con la Roma Card (abbiamo fatto quella valida per sette giorni) si ha diritto a viaggiare su tutti i mezzi pubblici della capitale ed anche alcuni treni del circondario.
Ci parcheggiamo, paghiamo in anticipo con lo sconto 20% quali soci Plein Air e facciamo la Roma Card.
Ci viene consegnata una mappa di Roma assai utile per la verità, alcuni promemoria con numeri ed indirizzi dell'area unitamente ad una spiegazione veloce ma chiara sul come muoversi e cosa fare.
Siccome è presto mettiamo subito in atto i suggerimenti e quindi chiudiamo il camper lasciando la stufa al minimo, usciamo e prendiamo il bus 105 ed arriviamo alla stazione Termini.
Questa stazione sarà la base costante di tutti i sette giorni che trascorreremo nella
capitale.
Da qui metro rossa o blu a seconda della destinazione.
Oggi prendiamo quella rossa direzione Piazza di Spagna e dopo poco siamo di fronte alla fontana della Barcaccia e incrociamo lo sguardo su Via Condotti.
Con molta probabilità, il padre del Bernini, Pietro, si dice abbia aiutato il figlio nella realizzazione di questa fontana nel 1629. La bassa pressione dell'acqua non permetteva spruzzi e getti ed è per questo motivo che la medesima fuoriesce lentamente dalla falle della barca dando nell'insieme l'impressione che questa affondi.
Non saliamo la scalinata in quanto zeppa di giovani che cazzeggiano seduti sui gradini ad osservare degli addetti che stavano montando un palco, probabilmente per uno spettacolo che avverrà la sera medesima.
Ci avviamo verso via Condotti ammiccando ai negozi delle firme della moda più prestigiose, percorrendola fino all'incrocio con Via del Corso dove svoltiamo a destra in direzione di Piazza del Popolo.
Qui subito Jenny ed Irene fanno la conoscenza degli artisti di strada, ma ne trovano uno veramente st....o.
Le blocca vicino a sé e mi chiede di scattare la foto, cosa che faccio sorridendo.
Jenny prende un euro e lo mette nel barattolino e per tutta risposta, il tizio si lamenta ed esordisce con un infelice: ”solo un euro me dai?”.
Io, sentendo questo, mi avvicino a lui con la digitale ancora in mano, gli faccio vedere la foto scattata e gli faccio vedere come la cancello; poi prendo il suo barattolino, lo rovescio, mi prendo l'euro e lo saluto.
Il trucco bianco che gli copriva la faccia non mi permise di vedere quanto “nero” fosse diventato, ma ricordo solo che la velocità del susseguirsi degli accadimenti lo lasciò senza parole ed i soldi a terra fecero il resto obbligandolo a chinarsi senza perder tempo a raccogliere il frutto del suo duro lavoro!
Nei sette giorni a zonzo per Roma l'ho incontrato altre due volte (sempre a Piazza Navona), ma oltre ad un incrocio di sguardi non c'è stato null'altro.
La camminata lungo il Corso del Popolo è alquanto lunga ma i tantissimi negozi ai lati rendono piacevole passeggiare.
Gente ce ne sta davvero tanta e l'aria festaiola e festiva si respira in quantità industriale complici le luci natalizie, gli addobbi, le stelle luccicanti, montagne di cotone a simulare la neve che arredano quasi tutti i negozi.
Perdo secondi a fotografare ogni cosa, ogni facciata, ogni palazzo e dovunque io guardi è un susseguirsi di splendide costruzioni.
Mi viene in mente un'intervista vecchia, di tanti anni fa, di Alberto Sordi, l'Albertone nazionale, dove lui stesso definiva Roma “un museo a cielo aperto” ed aggiungeva “ a Roma bisognerebbe entrarvi scalzi ed in punta di piedi”.
Aveva ragione e in sette giorni qui capirò davvero il perché!
Cammina cammina arriviamo a Piazza del Popolo, un tempo luogo di feste ed esecuzioni pubbliche. L'elegante salotto di Roma nasceva nel 1538 come piazza trapezoidale ed all'architetto Giuseppe Valadier servirono ben 12 anni per trasformarla in quella che ammiriamo ora e cioè un'elegante piazza alla quale aggiunse quattro fontane raffiguranti leoni in stile egizio che fungevano da base ad uno dei più grandi ed antichi obelischi romani.
Il monolite di Ramsete II vecchio del 1200 a.C. ed alto ben 25 metri fu portato a Roma da Heliopolis da Augusto e fu Papa Sisto V nel 1589 a volerlo qui in quella piazza dall'aspetto neoclassico, ovale, che digrada verso il Pincio con una strada sinuosa.
Attraversiamo la porta che immette sulla Piazza e siccome la stanchezza della scarpinata si fa sentire, decidiamo di misurarci con la rete di trasporti pubblici romana e dopo aver letto le varie linee sul tabellone optiamo per un bus che ci porti dall'altra parte in prossimità del Vittoriano.
Lo vediamo stagliarsi maestoso dal finestrino dell'autobus e la fermata è poco lontano.
I cancelli son chiusi come pure chiusa è la galleria/museo della bandiera e gli ascensori per salire alle quadrighe.
Passeggiamo allora davanti dedicandogli delle foto alla luce dei lampioni e dei fari. Vengono belle lo stesso.
Il fuoco della Patria arde nei bracieri, fedelmente e perennemente piantonato dai due militari avvolti nel classico tabarro nero.
Carabinieri stazionano davanti al mausoleo e la sensazione d'importanza che il manufatto trasmette, si sente.
Eccome se si sente.................................
Facciamo una camminata e ci portiamo nella zona dell'Area Sacra Argentina e svoltando poi per via di Torre Argentina giungiamo al Pantheon che per metà è imballato in un impalcatura.
E' chiuso, ma lo sapevamo; era la voglia di vederlo che mi struggeva.
Anni fa lo visitai, poi lessi “il simbolo perduto” di Dan Brown che ne accrebbe in me il suo magnetismo ed ora finalmente ce l'ho di nuovo davanti.
Son così immerso nei miei pensieri che non vedo manco il gradino della fontana che sta di fronte al Pantheon e manco sento Irene che si lamenta perché ha fame.
Risolviamo il problemino varcando la soglia di una delle tante trattorie che son disseminate lungo le varie vie e troviamo posto con facilità (forse perché son le 19 da poco).
Ceniamo con un classico che da tempo sognavamo di assaggiare: i mitici bucatini all'amatriciana ai quali facciamo seguire un porzione di carciofi alla romana; Irene prende un filetto con patate, beviamo vino rosso acqua ed aranciata e ritorniamo felici a zonzo ancora per una Roma serale, illuminata dai lampioni, dagli addobbi di natale e dalle luci delle macchine.
Transitiamo per Piazza Colonna, Monte Citorio ed il palazzo del Parlamento dedicando qualche foto notturna al tutto. Ironicamente scrutiamo la piazza alla ricerca del Maroni-Ballantini o del finto Vespa di striscia, ma oltre ai poliziotti al lavoro, turisti e indigeni a spasso non vediamo altro.
Attraversiamo la galleria Sordi e aspettiamo un bus che ci porti alla Termini da dove poi raggiungeremo percorrendo la strada all'incontrario l'area LGP dove ci attende il nostro camper bello calduccio.
Come primo pomeriggio diciamo non è male ed altri giorni intensi di visite e scarpinate ci attendono.

28 Dicembre 2010
Oggi ci aspettano i Musei Vaticani e la Basilica di San Pietro.
Oramai si è capito che dall'area si prende bus o trenino e si arriva a Termini e da qui metro o bus o trambus per andare dove si vuole, motivo per cui non serve più ripeterlo.
All'uscita della metro (fermata Ottaviano – S. Pietro) imbocchiamo viale Ottaviano che porta al Vaticano e ne vediamo l'ingresso piantonato da due guardie svizzere in divisa e mantello.
Il viavai è davvero incredibile e tutto ruota attorno a questo ingresso; tutto passa da qui.
I Musei Vaticano invece hanno un ingresso laterale, parecchio distante dal posto dove ci troviamo anche se da qui comunque inizia la coda.
Noi abbiamo prenotato via internet i biglietti d'ingresso e quindi la coda la salteremo tutta ed entreremo all'ora stabilita (le 13.00)
Pochi passi ancora ed entriamo in Piazza San Pietro dal lato destro (guardano la basilica per capirci).
Le colonne del Bernini si stagliano in file da quattro e la gente che affolla la piazza è davvero tanta.
C'è una fila abbastanza lunga per entrare in Basilica e decidiamo di non farla adesso
ma un'altro giorno................... è l'unico vero errore commesso in questo viaggio perché poi tra funzioni, ricorrenze e file ancor più chilometriche, non riusciremo più ad entrare e quindi perdiamo la visita alla Basilica, tombe papali e cupolone.
Un vero peccato, ma come sempre preferiamo guardare al lato positivo della cosa: ci dovremo tornare!!!!
Quindi in piazza ci rimaniamo per godere della visione della splendida casa di Pietro che si staglia nel cielo azzurro ed assolato della capitale, gironzoliamo e troviamo i due cerchi di marmo collocati tra l'obelisco centrale del i° secolo a.C. scolpito in Egitto per un prefetto romano e le due fontane: quella del Bernini appunto a sinistra e quella di Domenico Fontana a destra da dove la prospettiva permette di vedere solo la prima colonna del colonnato, nascondendo, facendo di fatto scomparire alla vista tutte le altre. Uno sfizio che il Bernini si è concesso.
Il colonnato è lungo ben 196 metri e da sempre si ha la sensazione che voglia abbracciare i fedeli ed i turisti che qui giungono.
Certo l'impressione si ha se si arriva da Via della Conciliazione, perché invece giungendo dalle viuzze laterali, questa sensazione non si prova per niente.
Poi è singolare l'impressione che si ha sempre da Via della Conciliazione che nasconde allontanandosi l'immenso sagrato o piazza e fa sembrare la Basilica sempre più grande a mano a mano che ci si allontana. Davvero folgorante!
Via della Conciliazione non esisteva e si arriva in Piazza San Pietro da un dedalo di viuzze laterali.
Fu Mussolini che fece radere al suolo tutto il circondario per far posto a codesta pomposa via.
Siccome l'ingresso ai Musei è per le 13.00 ed ancora c'è del tempo, veloci veloci ci avviamo giù per Via della Conciliazione fino a Castel Sant'Angelo che raggiungiamo in pochi minuti. Fila non c'è ne sta ed entriamo velocemente.
Adriano disegnò il proprio mausoleo circolare nel 123 – 139 d. C. e poi Aureliano lo fortificò nel 271 integrandolo nelle sue mura (antiche mura iniziate si da Aureliano e da qui il nome di Mura Aureliane appunto, ma terminate dal suo successore Probo; si estendono per 18 chilometri intorno alla città, con 18 porte e 381 torri ed includendo tutti i sette colli di Roma. Nel IV secolo l'imperatore Massenzio le sollevò a quasi il doppio della loro altezza originaria e sono giunte a noi quasi interamente).
Per mille anni i Papi vi si rifugiarono in momenti di crisi tramite u viadotto che lo collegava al Vaticano, detto il Passetto ancor oggi visibile e raggiungibile.
Gregorio Magno gli diede questo nome nel 590, dopo che l'Arcangelo Michele gli apparve sulla torre annunciando la fine della peste, come ricordato dalla statua in bronzo che troneggia sul belvedere.
Vi sono appartamenti papali affrescati del Rinascimento ed una piccola collezione di armi (dagli Etruschi al Novecento) oltre, manco a dirlo alle stupende vedute dai bastioni.
Una di queste spettacolare sembra una finestra su San Pietro mentre un'altra incornicia il Ponte Sant'Angelo che Adriano fece costruire nel 133 – 134 d. C. come accesso al suo mausoleo e del quale oggi rimangono solo le tre arcate centrali.
Clemente VII vi fece installare nel 1534 le statue di San Pietro (del Lorenzetto) e di San Paolo (di Paolo Taccone).
Clemente IX nel 1688 commissionò al Bernini i dieci angeli che sorreggono i simboli della Passione di Cristo.
Nel periplo delle mura stupendi scorci e bellissime inquadrature come pure nella terrazza in alto lo sguardo si libra su Roma ed alcuni suoi monumenti senza ostacoli.
Torniamo in Piazza San Pietro e la superiamo, ed in Piazza Risorgimento consumiamo alcuni panini che Jenny aveva preparato e che fungono da pranzo per oggi.
Li mangiamo gironzolando per un mercatino semplice e un pochino povero per la verità che staziona tutti i giorni su questa piazza.
La fila per l'ingresso ai musei è lunghissima e molte guide si stanno sgolando per raccattare gruppi di turisti ai quali si propongono per il tour guidato e per far loro saltare nel contempo la fine.
Senza successo comunque i loro tentativi.
Lenta, molto lenta la fila si muove ma noi siamo velocissimi nel superarla, usando il corridoio apposito e suscitando di certo un po' d'invidia.
Irene mi si avvicina e mi bisbiglia all'orecchio la sua felicità............ si sente come una VIP a passare davanti a tutti e saltare la fila.
Alle 12.30, con notevole anticipo siamo alla biglietteria dei Musei; Jenny va a cambiare la prenotazione coi biglietti e ci informano che non serve aspettare l'una per entrare, se lo vogliamo possiamo entrare subito.
Non ce lo facciamo dire due volte e legati i giubbotti alla vita, posizionato sulle spalle lo zainetto ed inforcato il legaccio della digitale al polso siamo pronti per un tuffo nella storia e nell'incantevole collezione papale.
Lo sfarzo non manca di certo ed Irene da sola commenta con vena polemica il tutto.
Io sto zitto di fatto legittimando quanto dice mentre sua madre tenta una spiegazione alquanto bislacca e che dopo poche frasi tronca abbassando gli occhioni per non incrociare i nostri già divertiti, sornioni e leggermente corrugati a mo' di ammonimento.
Si parte salendo una scalinata a chiocciola ma senza gradini e molto allargata e dove sono esposte canoe e barche provenienti da tutto il mondo.
Si giunge ad un belvedere dove la cupola della Basilica sembra a portata di mano e dalla balaustra si scorgono angoli dei giardini vaticani curatissimi e adorni di statue.
Prendiamo l'audio guida per poter meglio capire quel che visitiamo e per goderci in piena autonomia la visita.
Dopo aver superato l'atrio dei quattro cancelli attraversiamo il cortile dominato da una pigna gigante e da un'altra scultura già vista in altre piazze europee e ci avviamo per una scalinata che ci porta all'inizio dei musei veri e propri.
C'è tanta gente e la visita ne risente, ma d'altro canto siamo in pieno periodo festivo ed il sito è davvero importante per cui è inevitabile.
Descriverli è lunghissimo ed impossibile per cui io preferisco solo caldamente consigliarvi la visita conscio che magari vi deludo un pochino, ma raccontare ciò che è magnifico è impossibile e soprattutto rovinerebbe la visione che invece vi dovete regalare nella vita venendo qui di persona a percorrere i corridoi intrisi di arte e storia.
Credetemi davvero ne vale la pena e se cinesi, giapponesi, coreani ed altri milioni di orientali e non solo loro ma da ogni parte del mondo, arrivano qui dopo aver percorso migliaia di km, un motivo di certo ci sarà.
Qui veramente ha sede la massima espressione creativa dell'arte e lo capirete quando, da poveri viandanti afflitti dai mali del mondo entrerete in quel tempio debordante di splendore che è la Cappella Sistina Io davvero son rimasto basito!
Vista tante volte nei libri, in TV, nei documentari certo, ma vista dal vivo toglie davvero il fiato.
Meriterebbe il silenzio mistico assoluto che ne valorizzerebbe ulteriormente il significato e le darebbe quell'importanza che le è propria, ma purtroppo è impossibile.
Consiglio di arrivarci con una buona guida che ne spieghi gli affreschi così sarà ancor più interessante rimanere decine di minuti a collo teso e sguardo rivolto verso l'alto ad osservarne i particolari.
Il fatto poi che qui si riuniscano in conclave (dal latino cum clave = chiuso a chiave) i cardinali per l'elezione del Papa, conferisce ancor più magia, mistero, importanza, misticità al tutto.
Un sogno che mi piacerebbe realizzare?
Starmene da solo un'oretta dentro a guardarmela, nel silenzio tombale che solo anima, mente e cuore assieme riescono a raggiungere.
Usciamo dopo circa tre ore ed ancora commentiamo alcuni passaggi della visita e mentre lo facciamo camminiamo in direzione della Piazza San Pietro per poter vedere la Basilica al tramonto.
Per la verità il sole è già andato giù, ma noi tergiversiamo lo stesso seduti sui gradini ai piedi del colonnato osservando turisti che scattano ancora foto ed ascoltando vari idiomi dalle bocche di coloro che ci passano vicino.
Siamo stanchi, per oggi riteniamo di aver già dato e per questo ci avviamo al camper dove giungiamo quasi trascinandoci sulle gambe.
Irene è davvero stanca e mentre si lava Jenny prepara una veloce cenetta ed io scarico e sistemo le foto.
Qualche minuto di connessione per scaricare posta, controllare forum e siti vari e poi si cena tutti assieme.
Prendo sonno sul divanetto, la TV ancora accesa è l'unico segnale di vita all'interno del camper quando mi sveglio.
E' l'una e mezza di notte. Spengo la TV, abbasso la Truma e vado a letto.

29 Dicembre 2010
Subito in Piazza San Pietro per tentare di entrare in basilica, ma la fila è già impossibile e per giunta si muove con una lentezza mostruosa.
E' un serpentone continuo, in duplice filar (come disse il vecchio Giosuè parlando dei cipressi di Bolgheri) che dagli ingressi controllati dai metal detector gira ed arqua su tutta la piazza seguendo la forma del colonnato e che finisce sempre all'altezza del colonnato ma dall'altra parte della piazza.
I turisti ed i fedeli che giungono da Via della Conciliazione, spaccano momentaneamente la fila per passare ed addentrarsi nella piazza per visionarla.
Non restiamo qui e scendiamo da via della Conciliazione passando per una pizzeria d'asporto dove Irene prende un trancio di pizza per calmare la fame che improvvisamente è sopraggiunta.
Via della Conciliazione sbocca davanti a Castel Sant'Angelo ma noi deviamo a destra prima, sul ponte di Vittorio Emanuele II dove Irene imperterrita continua ad addentare la sua pizza incurante delle foto che io le faccio con le statue del ponte e Castel Sant'Angelo che fanno da sfondo.
Il Tevere scorre sotto, lento, l'acqua è fangosa e osservo un impavido che pratica jogging sulla ciclabile per alcuni tratti ancora infangata dalla recente piena.
In fatti ad un tratto, impossibilitato a proseguire, lo vedo saltellare sul posto per non perdere il ritmo, osservare una improbabile via per proseguire ed infine ruotare su sé stesso e far ritorno da dove era giunto.
Solo delle anatre e dei cigni si sentono a loro agio e nuotano e camminano nel fango.
All'uscita del ponte andiamo a sinistra e dopo pochi passi ci sono i cartelli che annunciano il Ponte Sant'Angelo che fotografiamo e che conduce al castello appunto.
Attraversiamo la strada e scendiamo per Via del Banco di Santo Spirito lambendo il Vicolo del Curato e prima della sua fine andiamo ancora a sinistra per Via dei Banchi Nuovi che dopo diventerà, alla prima traversa, Via del Governo Vecchio e giungiamo in Piazza Pasquino dove troviamo una delle due statue parlanti, quello di Pasquino appunto.
Senza volto e senza braccia non faceva molta notizia questa statua di Menelao con il corpo di Patroclo fino a quando non venne collocata nel posto dove la potete ammirare ora.
Questo avvenne nel 1501 e da allora è anche la principale statua parlante di Roma.
Questo bizzarro appellativo, le statue, lo devono ai tempi del Medioevo dove le voci più stridenti contro gli scandali politici e gli eccessi papali venivano espressi appunto tramite cartelli appesi al collo delle statue da persone che rimanevamo comunque anonime.
Tuttavia qualcuno sussurra che Pasquino fosse un sarto locale; tra i suoi colleghi statuari parlanti non dimentichiamo Babuino in via del babbuino appunto (che deve il suo nome al fatto che quando una cosa era/è brutta i romani son soliti definire il tutto con: “ammazza, è brutto come er babuino.......” e siccome in via del Babbuino c'è una fontana definita orrenda, da qui il nome anche alla via), Madama Lucrezia in Piazza San Marco e Marforio.
Sicuramente la situazione politica attuale potrebbe fornire a queste statue infinito materiale, ma invece non c'è nessun riferimento a questo nei due cartelli sbiaditi che sono incollati alla base della statua.
Comunque una foto Pasquino se la merita e gliela concedo.
Potremmo già da qui entrare in Piazza Navona, ma preferiamo risalire la via subito a sinistra di Pasquino, Via di Santa Maria della Pace dove la chiesa omonima offre in poco spazio parecchi capolavori.
Fu ricostruita da Baccio Pontelli per volere di Sisto IV, ma la facciata con il portico ricurvo e stretto nella piccola piazza è barocco eseguito ad opera di Pietro da Cortona.
All'interno la prima cappella a destra porta la firma di Raffaello negli affreschi che raffigurano le sibille e si dice fossero state dipinte sotto l'influsso degli affreschi non ancora resi pubblici della Cappella Sistina.
Peruzzi decorò invece la cappella oltre la navata ed il Bramante disegnò un chiosco di antica forma e fattura e questo coincide con il suo primo lavoro a Roma. Come anticipato in poco spazio, tanti capolavori. Piazza Navona attende.
Noi proseguiamo passando Piazza do Tor Sanguigna e imbocchiamo Via Zanardelli per arrivarne alla fine dove la strada ci divide dal Ponte Umberto oltre al quale si staglia davvero perfetto e grandioso il Palazzo dei Tribunali.
Torniamo indietro e sostiamo in Piazza Sant'Apollinare alla ricerca della Chiesa di Sant'Agostino che è nascosta appena dietro ad un arco moderno tra due palazzi proprio davanti a noi.
Superate l'arco e a sinistra troverete la chiesa all'interno della quale una tela del Caravaggio la rende degna di visita.
Non ci mettiamo molto e finalmente dopo aver attraversato Piazza di Cinque Lune arriviamo a Piazza Navona.
La forma ad ovale allungato fa pensare a ragione che sia stata costruita sopra l'antico Stadio di Domiziano.
Zeppa sempre di turisti che ne affollano l'area pedonale, i caffè all'aperto, i ristoranti tipici, i negozi è cornice anche per la sede dell'ambasciata del Brasile che in questi giorni è anche piantonata dalla Polizia a causa del verdetto emesso dal Presidente brasiliano Lula sulla mancata estradizione di Cesari Battisti.
Non esprimo pareri e commenti al riguardo e preferisco concentrarmi sulla bellezza della piazza dove la vera attrazione è rappresentata dalla fontana dei quattro fiumi dove scateno la mia vena fotografica.
Il Bernini la costruì nel 1651, al centro della piazza, e le statue simboleggiano quattro fiumi rappresentanti i continenti: Gange per l'Asia in una posa rilassata, il Danubio per l'Europa e voltata quasi a sostenere l'obelisco, il Rio de la Plata per le Americhe disadorno e vorticante ed il Nilo per l'Africa con il volto nascosto perché all'epoca la sua fonte era sconosciuta.
L'obelisco, falso di epoca romana, è di granito egizio e porta scolpiti i nomi in geroglifico di Vespasiano, Tito e Domiziano.
Le bancarelle riempiono di colore la piazza ed in vita mia non ho mai visto tante befane appese in attesa di esser comperate.
Non ci siamo resi conto ma da stamattina stiamo scarpinando e le nostre gambe ce lo ricordano, motivo per cui, liberandosi alcuni posti ai bordi della fontana ne approfittiamo per sederci e riposare un poco.
Quest'azione ci porta un duplice vantaggio: ci riposiamo e rimiriamo le bellezze attorno alla piazza a partire dalla Chiesa proprio in fronte a noi di Sant'Agnese in Agone che deve la sua costruzione ad una ragazzina di tredici anni che la leggenda vuole denudata in un bordello ma che riuscì immediatamente a ricoprirsi il corpo e riottenere così pudore grazie alla crescita repentina dei suoi capelli.
E' stretta tra altre costruzioni e per risaltarne maggiormente la facciata il Borromini pensò bene di creare dei giochi di forme che ne allungano apparentemente verso il cielo la facciata dandogli così maggior risalto ed imperiosa tonalità.
Ci lasciamo Piazza Navona alle spalle, teatro ora di rappresentazioni volanti di artisti di strada che stanno raccogliendo capannelli di persone e famiglie con bambini attratti dagli immancabili palloncini, e ci dirigiamo verso Corso del Rinascimento che ci porta a Palazzo Massimo alle Colonne.
Realizzato da Baldassarre Peruzzi rappresenta il netto passaggio dell'architettura romana dell'Alto Rinascimento di Bramante e Sangallo agli esperimenti scenografici del Manierismo che avrebbe poi inevitabilmente condotto allo stile barocco.
La facciata convessa voluta da Peruzzi trova risposta nella volontà dell'ideatore di voler rispettare i dettami neoclassici facendolo decidere di preservare l'arco dell'odeon di Domiziano (un piccolo teatro incorporato nell'estremità sud dello stadio voluto dall'imperatore).
Via dei Baullari ed una gelateria coloratissima ci introducono a Campo de' Fiori dove il mercato, vista l'ora, è già in fase di chiusura e molti banchi han lasciato posto ad avanzi di frutta, cassette ed altro lasciati a terra in attesa di pulizia.
Questa anticamente era lo spiazzo antistante al Teatro di Pompeo e fin dal lontano Medioevo è stato uno dei luoghi più vivaci di Roma; e lo è tuttora col suo coloratissimo mercato che tutti i giorni prende vita per lasciar posto alla sera a giovani che si radunano ed ai caffè, ai pub ed ai ristoranti che si animano.
Da qui passarono principi e pellegrini, ma la sua storia non sempre è stata gioiosa e sinonimo di vita.
Proprio questa piazza era adibita alle esecuzioni comandate dalla Santa Inquisizione e lo testimonia tuttora la statua incappucciata di Giordano Bruno, il teologo che, condannato per eresia, qui fu bruciato durante le celebrazioni del Giubileo del 1600.
Una barzelletta con il titolare di un chiosco di pasta fresca ed una battuta con sua moglie ci regalano un momento di ilarità in antitesi con la sagoma scura e pregna di ingiustizia subita di Bruno che immobile fa da cornice al quadretto.
Via dei Giubbonari con tutti i suoi negozi ci scorta fino a Piazza Benedetto Cairoli dove entriamo in un pub per bere qualcosa. Irene è stanca e si siede subito ad un tavolino ed io le faccio compagnia.
Due birre scure ed un succo ci danno apparente sollievo, ma è una timida parvenza e sappiamo già che non appena ripartiamo la situazione sarà come prima se non addirittura peggio.
Certo abbiamo scarpe comode, ma di strada ne abbiamo percorsa davvero tanta. Via Arenula ed il Ponte Garibaldi ci portano alla soglia di Trastevere.
Dal ponte ammiriamo l'Isola Tiberina (da qui ce l'abbiamo a sinistra) con il Fatebenefratelli, l'ospedale che sull'isola è costruito.
Sei vigili del fuoco con tanto di automezzo stan chiacchierando tra loro dopo aver spento un cestino per i rifiuti andato a fuoco per la scarsa attenzione di colui o colei che, senza spegnere bene la sigaretta, han gettato il mozzicone al suo interno. Trastevere va vissuta.
Immergersi tra le viuzze e passeggiare respirandone il profumo è quanto di meglio si possa fare.
Oltre Tevere, Rive Gauche, Bohenmien, chiamatelo come volete ma questo quartiere è davvero unico nel suo genere.
Un tempo era il ghetto della classe operaia ed ha conservato meglio di ogni altra zona di Roma il suo carattere medievale, nonostante ora sia il quartiere più ricco di ristoranti e di vita notturna.
Il rione Borgo è territorio vaticano e lo troverete probabilmente banale come l'ho trovato io coi suoi negozi religiosi sparpagliati a caso in un reticolo di viuzze e con per giunta ristoranti mediocri.
L'opera di radicale modifica voluta dal Duce per costruire la famosa Via della Conciliazione ha colpito in parte anche Trastevere.
Nel nostro peregrinare ci imbattiamo nella chiesa di Santa Maria in Trastevere che sappiamo essere la chiesa più antica di Roma. Fondata nel 337 nel punto esatto in cui, nel giorno della nascita di Cristo, sgorgò una fonte miracolosa di olio; miracolo impresso nei mosaici delle Storie della Vergine di Cavallini che rivestono l'abside della chiesa. Venire in Trastevere e non mangiarci è un vero e proprio delitto per cui anche noi non ci sottraiamo a tale vezzo e dopo aver girato in lungo ed in largo, stanchi ed affamati ci presentiamo al cospetto del ristoratore che con garbo ci fa accomodare.
Per la verità siamo transitati davanti a Cencio della Parolaccia, ma loro iniziano a servire più tardi (verso le 20.00) e soprattutto ci fan capire che il loro spettacolo poco si addice alla cucciola Irene.
Lo immaginavamo ma la tentazione di entrare e provarci è stata grande.
Ceniamo con pizza, bucatini all'amatriciana, abbacchio con patate arrosto, vino acqua ed aranciata e devo dire che abbiamo mangiato bene.
Son le 20.30 quando usciamo e senza indugi riprendiamo il cammino portandoci sul lungotevere dei Cenci ad attendere un bus che ci porterà alla stazione Termini da dove dopo aver ancora camminato un pochino prenderemo il bus 105 per tornare all'area.
Il camper ci appare come per incanto e mai lo abbiamo così tanto desiderato.
La stanchezza è da guinness, le donne entrano lasciando scarpe e scarponi al di fuori affinché io le possa riporre in garage, cambio la bombola del gas esauritasi durante la nostra assenza. Jenny esce con gli zoccoli, rilassata, a fumarsi una sigaretta in pace ed insieme guardiamo il cielo stellato attraversato da un aereo in rotta d'atterraggio a Fiumicino.
L'area è piena di camper, c'è gente che chiacchiera, altri passeggiano con il cane.
Ancora un minuto e rientriamo al calduccio, pronti per finire la serata davanti alla TV e con una buona partita a scala quaranta.
Di leggere non ho voglia.........del resto ho letto tutt'oggi dalla guida le notizie su quanto visitato.
Devo invece comperare un contapassi; sarei proprio curioso sapere quanto km abbiamo percorso oggi.

30 Dicembre 2010
Ci stiamo avvicinando alla fine dell'anno e lo si evince dai botti che ad ogni secondo scoppiano dappertutto sia di giorno che di notte.
Noi dal canto nostro stamattina siamo stanchi ancor prima di partire, ma impavidi raccogliamo a piene mani tutte le forze che ci pervadono e ci facciamo coraggio spronandoci l'un l'altro.
Solito iter ma stamattina niente Metro rossa bensì Blu.......rotta Colosseo.
Son fermo immobile su quel che rimane di un'antica strada romana con a destra i Fori Imperiali, a sinistra il Colosseo ed appena di fronte leggermente spostato a sinistra l'Arco di Costantino e siccome c'è già una parvenza di fila per l'ingresso al Colosseo, optiamo per la visita al Palatino.
Scopriamo che il biglietto può essere cumulativo ed abbiamo due giorni di tempo per usufruirne.
Addirittura due giorni penso io, senza sapere ma scoprendolo solo in seguito, che per visitare Palatino e Foro Romano, ci vorrà quasi tutta la giornata complici anche le distanze tra i luoghi, di tutto rispetto.
Iniziamo dalle Terme, grandissime e dal pianoro si ha una visione stupenda del Colosseo di fronte e della cupola di San Pietro a sinistra.
I resti di due fontane delimitano l'area sulla quale sorgeva la Domus Flavia, edificio che fungeva da ala di rappresentanza al vasto palazzo imperiale costruito da Domiziano nell'81 d. C.
Un meraviglioso quanto curato e grande rettangolo danno la sensazione di aver di fronte un ippodromo o un grande giardino e pure questo faceva parte della dimora imperiale di Domiziano.
Vorrei ricordare che qui ci troviamo sul colle che ospitò i due villaggi costruiti da Romolo e Remo che cacciati dallo zio furono allattati da una lupa e da qui ebbe inizio la grandezza di Roma con Romolo che ha la meglio su Remo uccidendolo e segnando di fatto la nascita di quella che divenne nei secoli la capitale e centro del mondo.
Di quanto detto poc'anzi troverete traccia nelle capanne dell'età del ferro risalenti al secolo IX a. C. e che videro la luce attorno agli anni 40.
La Casa di Livia si trova ora sotto il livello del terreno e faceva parte della residenza di Augusto e della sua seconda moglie.
Noi l'abbiamo trovata chiusa ma al suo interno, tramite le vetrate è possibile vedere i pavimenti a mosaico.
Nel biglietto è compreso l'ingresso al museo e antiquarium del Palatino ospitato in un ex convento e che conserva numerosissimi reperti rinvenuti nell'area tra cui ceramiche, statue, graffiti di notevole età e pregio e mosaici molto belli. Non poteva mancare un Tempio e quello qui rimasto era dedicato alla dea Cibale.
Passando dagli orti Farnesiani si avrà la sensazione di vivere l'atmosfera del tempo andato, grazie alla cura ed all'eleganza delle decorazioni di quello che una volta doveva essere un giardino dalle dimensioni ragguardevoli e dal pregio elevato.
La Domus Aurea di Nerone era collegata al Palatino da un Criptoportico, una serie di corridoi sotterranei, lunghi 130 metri e le cui volte sono decorate da rilievi in stucco raffinati.
Elencare tutto è facile, camminare è visitare un pochino meno ma lo sforzo è ampiamente ripagato dalla veduta che si ha dal Belvedere sul Foro e che tra breve raggiungeremo scendendo dal Palatino.
Non ne ho mai fatto cenno ma il pranzo non è assolutamente un problema ed oltre ai panini, yogurt e frutta che dal camper ci siamo portati, ad ogni angolo è possibile trovare bar o chioschi, sia in postazione fissa che ambulante, che vendono panini, bibite e quant'altro oltre chiaramente ai ristoranti ed alle trattorie sempre pronte ad accogliervi.
Decidete voi e sappiate che questo inciderà sensibilmente sul vostro budget, perché non son certo a buon mercato.
Oltre all'euro ripresomi dall'artista di strada, in questo viaggio trova posto anche l'aneddoto relativo al chilo di clementine senza semi che ho lasciato al pakistano che gestiva il suo chiosco lungo Via dei Fori Imperiali dopo che questi mi aveva chiesto la bellezza di 7 euro; pazienza due euro per le due banane, ma sette euro per le
clementine mi han fatto davvero incazzare!
Scendiamo dal Palatino e lambiamo l'Arco di Tito, eretto dall'imperatore Domiziano in onore del fratello Tito appunto e del padre Vespasiano per aver soffocato l'insurrezione degli ebrei.
La via antica si apre davanti a noi e nel guardarlo oggi così nel suo insieme, a qualcuno verrebbe da dire che è un ammasso di rocce ed erba che cresce ovunque e risulta difficile pensare che il Foro sia stato per migliaia di anni simbolo di orgoglio e civiltà.
Le origini risalenti a tremila anni or sono sono umili in quanto era il cimitero, situato nella palude, del villaggio del colle Palatino. Nel corso degli anni acquisì però sempre più importanza e cresceva di pari passo con la crescita di Roma e con la crescita del suo potere.
Fu così allora che la palude venne prosciugata, la zona assunse il ruolo centrale della vita repubblicana ed il Foro si tramutò nell'aspetto elegante che ancor oggi ammiriamo a partire dal regno di Augusto al quale viene attribuito il merito di aver trasformato Roma da città di mattoni a città di marmo.
Ci riposiamo dalla stanchezza seduti su delle cordonate che delimitano un belvedere che dà direttamente sul Foro a livello terreno e le fotografie con il grandangolo qui si sprecano (alla fine del viaggio saranno più di 5000 le foto fatte ed archiviate).
L'antica via sbatte alla fine letteralmente addosso all'Arco di Settimio Severo e rappresenta il trionfo dell'Imperatore in Medio Oriente. Eretto nel 203 d. C. da Gaeta e Caracalla, suoi figli.
Nel percorrere il tragitto potrete ammirare: - Tempio di Vesta e casa delle Vestali (ricordiamo che una delle Vestali nell'accoppiarsi con un Dio diede alla luce Romolo e Remo) dove le sacerdotesse custodivano la fiamma sacra, erano di nobili origini e godevano dei massimi privilegi - Curia ovvero il Senato del III secolo d. C. e che conserva ancora un pavimento ad intarsi policromi, i ripiani dove sedevano i 300 senatori ed il podio della presidenza. Nei rilievi in marmo che illustrano il buon governo di Traiano, si scorgono vedute del Foro nel II secolo d. C. - Tempio di Castore e Polluce del quale restano solo le tre colonne ed era il tempio dedicato ai Dioscuri ovvero i gemelli figli di Giove e Leda, fratelli di Elena di t***a. Sorgeva nel punto in cui i due apparvero nel 499 a. C. per annunciare una importante vittoria di Roma - Basilica di Massenzio e Costantino era il centro legale e finanziario dell'Impero ed ora rimangono le tre volte a botte che appartenevano alla struttura più grande del Foro ed eretta nel 315 d. C. - Tempio di Vespasiano le cui colonne vennero alla luce solo nel XVIII secolo con degli scavi intrapresi proprio in questo periodo. Colonne d'angolo risalenti al 79 d. C. facevano parte di un tempio dedicato appunto all'imperatore Vespasiano - Via Sacra, la più antica di Roma, lastricata in basalto nero, partiva dall'Arco di Tito, attraversava tutto il Foro e giungeva al Capitolino. Fu sfondo per le processioni trionfali degli eroi della Repubblica, ma in seguito divenne luogo di incontro per pettegoli, borsaioli e perditempo. - Tempio di Saturno dedicato al dio del lavoro dei campi e di una mitica Età dell'Oro in quanto sede del tesoro di Stato e del quale oggi rimangono solo le otto colonne che si ammirano; colonne ioniche grigio-rossastre. Qui si festeggiavano anche i Saturnalia, feste simile al nostro attuale Natale. - Tempio di Antonio e Faustina; dedicato alla moglie da Antonino Pio dopo la divinizzazione di quest'ultima nel 41 d. C.. E' uno dei tempi meglio conservati e grazie al suo coronamento in stile barocco anche uno dei più singolari con fregi laterali riportanti grifoni e candelabri.
Sappiate che al Foro vi sono più vie d'accesso, ma caldamente consiglio di entrare da uno dei punti sopraelevati situati alle estremità, al solo fine di avere una veduta d'insieme che l'intero sito merita.
Ritengo sia, così facendo, anche un modo elegante e silenzioso per rendergli l'onor che merita.
Andiamo al Colosseo ma scopriamo che alle 15.30 chiude ed ecco perché il biglietto d'ingresso vale due giorni.
Torniamo indietro e ripercorriamo Via dei Fori Imperiali e giungiamo al Monumento a Vittorio Emanuele II detto anche Vittoriano che però non suscita l'apprezzamento dei romani che lo chiamano anche “macchina da scrivere” a causa dell'accozzaglia di stili che ne caratterizzano la costruzione. Saliamo visto che siam li per accedere agli ascensori che portano alle quadrighe dalle quali dicono si abbia una bella visione sui Fori Imperiali, ma giunti all'ascensore e scoperto che vogliono sette euro a testa per salire decidiamo di tenerci i sette euro ed ammirare il panorama da dove siamo che tanto va bene lo stesso. Ladri mi vien da dire..............
Il monumento è sorvegliato da zelanti pensionati dell'Arma che con un fischietto richiamano all'ordine chi non rispetta le regole ed è impressionante quante volte ho udito il fischio nel poco tempo rimasto ad ammirare la statua di Vittorio Emanuele II a cavallo e decorata alla base con armi da guerra, cannoni ed altro. Passiamo direttamente al Campidoglio da qui.
Lo facciamo però attraverso la Chiesa di Santa Maria in Aracoeli, chiesa del VI secolo che sorge al posto dell'antico Tempio di Giunone Moneta ed era anche la zecca di Roma, da cui il nome “moneta” ai soldi in ferro.
Un antico proverbio racconta che chi si avventura in ginocchio sulla scalinata ed arriva alla sommità, vince la lotteria! Di certo gode di un bel panorama.
Noi non saliamo come detto dalla scalinata, ma traghettiamo dal livello alto del Vittoriano dentro direttamente alla chiesa tramite un passaggio ed un cancelletto aperto. All'interno le 22 colonne della navata centrale provengono da diverse strutture antiche e se notate la terza a sinistra reca l'iscrizione “a cubiculo Augustorum” (dalla camera dell'Imperatore).
Faccio delle foto all'interno che appare ben tenuto e dal lato opposto all'entrata usciamo trovandoci catapultati su una scalinata che scendendo ci porta alla Piazza del Campidoglio ed il Palazzo Senatorio lo abbiamo alla nostra sinistra.
La piazza è gremita di persone grazie anche alla mostra in corso, molti turisti assiepano la statua di Marco Aurelio a cavallo con la mano tesa a dispensare pace al centro della piazza per farsi foto ricordo, pochi dedicano uno sguardo ad un presepe allestito all'interno di una grande teca sul lato destro imboccando la scalinata di discesa.
Scalinata addobbata per natale con pastori viandanti costruiti con del fil di ferro sagomato e luci corrugate che ne seguono il profilo e che con il calar della sera danno davvero una bella quanto reale visione. Michelangelo non vide mai i lavori del Palazzo del Campidoglio commissionatigli da Papa Paolo III dopo che questi provò vergogna per lo stato in cui giacevano alla visita dell'imperatore Carlo V nel 1536.
Michelangelo sappia comunque che fedeli ai suoi progetti rimasero la doppia scalinata di Palazzo Senatorio, l'aggiunta di Palazzo Nuovo, le stupende facciate e la collocazione di statue antiche.
Chi legge sappia invece che una caratteristica essenziale di Roma è che tutto è costruito su uno strato precedente e questo manco il Campidoglio sfugge.
In origine era formato da due cime: una chiamata Arx, con il Tempio di Giunone, l'altra detta il Cavo sul quale sorgeva il Tempio di Giove ed oggi quasi tutta occupata dal Palazzo dei Conservatori.
L'enorme tabularium (archivio di stato dell'antica Roma) fu costruito tra le due cime nel 78 a. C. formando così un unico colle dal nome attuale e sula quale sopra di esso fu eretto appunto il Palazzo Senatorio nel XII secolo.
Il colle del Campidoglio ospita anche due stupendi musei, i Musei Capitolini collegati tra loro dal grandioso portico del tabularium e dal quale si gode uno splendido panorama ed insolite vedute sui Fori.
I musei trovano sede nel palazzo dei Conservatori e nel palazzo Nuovo ed ospitano collezioni inaugurate nel 1471 con una donazione di bronzi da parte di papa Sisto IV e dal quel giorno vengono integrate con regolarità.
I due palazzi ornano la piazza a forma di stella, sono gemelli e contengono alcuni dei maggiori tesori di Roma.
La statua equestre di Marco Aurelio funge solo da preambolo alla magnificenza che il visitatore troverà all'interno e credo di stuzzicare la vostra curiosità lanciandovi sfide alla visita del:
- Galata morente (il pezzo più rinomato delle collezioni),
- della Venere Capitolina (fulgida dea dell'amore alla quale è dedicata una sala intera),
- al Mosaico delle colombe (inizialmente centro del pavimento di villa Adriana),
- Marforio (colosso semi sdraiato che in origine era un dio del fiume..................),
- Satiro in riposo (un tempo ornamento di un boschetto o di una fontana.................),
- Sala dei Filosofi (zeppa di copie romane di busti greci che ritraggono i maggiori poeti),
- Amore e Psiche (il dio dell'amore abbraccia la personificazione dell'anima, i due amanti uniti per sempre e che hanno ispirato molteplici variazioni sentimentali)
- Mosaico delle maschere (anche questo un pavimento del II secolo d. C.)
- Vecchia ubriaca (copia che illustra gli effetti devastanti del vizio) e che dire delle opere esposte al Palazzo dei Conservatori:
- Frammenti della statua colossale di Costantino (enormi parti anatomiche)
- Lo Spinario (elegante statua è uno dei preziosi bronzi donati da papa Sisto IV)
- San Giovanni Battista del Caravaggio (dipinto definito scioccante............)
- Lupa capitolina (il simbolo più antico di Roma e sempre dono di Sisto IV)
- La sepoltura di Santa Petronilla del Guercino (influsso del Caravaggio)
- La Buona Ventura del Caravaggio (rivoluzionaria)
- Busto di L. Giunio Bruto (il pezzo più raro della collezione)
- Il ratto delle Sabine di Pietro da Cortona
- Busto di Commodo nei panni di Ercole (l'imperatore che amava combattere le belve nel Colosseo qui ritratto con in mano ed addosso i simboli delle fatiche di Ercole)
- Testa di Medusa del Bernini (il sol sguardo tramutava gli uomini in pietra)
Lo so, lo so il tempo non basta mai per ammirare, o forse ci son troppe belle cose da ammirare e troppo poco tempo???
Noi usciamo e la sera sta calando così torniamo verso il Colosseo per prendere la metro e pensiamo ad una camminata (ancora...........) fino alla Fontana di Trevi per vederla illuminata. Detto, fatto.
Dal Colosseo indietro alla Termini, qui cambio metro dalla blu alla rossa e via direzione Battistini con fermata Barberini – Fontana di Trevi.
Capodanno si avvicina e lo vediamo dalla gente che c'è in giro; una marea umana si sposta, si muove, cammina in unica direzione ed Irene forse un pochino impaurita mi si avvicina e mi prende la mano con la sua manina un po' fredda.
Per noi poco abituati a città con grandi folle e brulicanti di vita, situazioni del genere sono completamente nuove e chiaramente non ne siamo abituati.
Certo Parigi, Barcellona, Atene, Milano, Francoforte ed altre decine che potrei citare non son da meno e ci hanno fatto lo stesso effetto, ma poi tornando alla normalità della nostra vita quotidiana, tendenzialmente dimentichiamo il fenomeno che puntualmente torna a stupirci alla sua ricomparsa.
Comunque è anche piacevole passeggiare per le viuzze che ci offrono il contatto con la gente, coi loro modi di parlare ed atteggiarsi, con le luci e gli odori che riempiono l'aria e che danno modo di “respirare” davvero il tessuto sociale.
Camminiamo e troviamo un negozio che vende delle felpe che tanto piacciono ad Irene ed a sua madre e mentre loro entrano per acquisti, io rimango ad osservare la cartina per capire meglio che strada fare.
Una coppia di ragazzi trevigiani, mi chiede lumi per il Quirinale senza essersi accorti che lo avevano alle spalle e da qui una risatina sommessa di circostanza di lei, gli occhi un po' sorpresi di lui accolgono l'arrivo di corsa di Irene che tutta felice mi fa vedere la felpa comperata.
Saluti e via di nuovo per le stradine che incrociano con una frequenza regolare degna di un battito cardiaco e dopo pochi minuti sbuchiamo nella piazzetta dove un ammasso di persone, un leggero fragore d'acqua e degli schiamazzi gioiosi di bambini ci fan capire di aver raggiunto la meta.
Anche se troppo spesso è stipata di turisti, resta pur sempre di una bellezza e di una intensità disarmanti, sia di giorno che di notte.
La Ekberg vi fece il bagno chiamando l'indimenticabile Marcello nel film La dolce vita ed in Tre soldi in una fontana impariamo che se vogliamo tornare a Roma dobbiamo gettarvi delle monetine girati di schiena.
Il cinema ha portato bene a questa fontana facendola diventare uno dei monumenti più noti di Roma.
Il rilievo a destra mostra una vergine che scopre la sorgente da cui Augusto (rilievo di sinistra) fece costruire l'acquedotto di Acqua Vergine, che alimenta tuttora la fontana.
Nicola Salvi nel 1732 rese omaggio a tali origini antiche racchiudendo la sua esuberante opera barocca nella classica cornice architettonica di un arco trionfale.
Ingegnosamente collocata sul retro di un palazzo (anche i davanzali sono trasformati in rocce) è meta di tutti i turisti che vengono a Roma ed anche noi ci lasciamo influenzare dal rito magico e girati di schiena lanciamo il nostro centesimo nell'acqua.
Questo rito è sicuramente più igienico di quello che si dice, portasse fortuna a chi ne beveva l'acqua.
Ci avviamo verso il rientro e scendiamo prima della fermata dell'area per fare spesa presso un carrefour.
Torniamo alla fermata del trenino con gli zaini colmi di spesa ed una borsa con delle clementine in mano, pagate al giusto prezzo queste.
Ne mangiamo un paio a testa in attesa dell'arrivo del mezzo di locomozione su rotaia.
Riprendiamo il trenino e facciamo ancora un paio di fermate e siamo all'area dove Irene letteralmente casca dentro al camper invece di salirci, lasciando fuori le gambe affinché io o sua madre le togliamo le scarpe.
E' distrutta davvero ed anche noi lo siamo per la verità.
Non lo so ma penso che una ottantina di km a piedi ce li siamo fatti finora!

Fine 1° parte
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Messaggio Da Camperfree Sab 06 Apr 2013, 14:35

Inizio 2° parte

31 Dicembre 2010
Stamattina faccio anche due passi per l'area di sosta che non avevo mai perlustrato finora.
E' bella grande e ben organizzata con zone per lo scarico ed il carico molto ampie e si può operare in più mezzi contemporaneamente per sveltire le procedure.
Anche lo scarico delle nere è possibile anche se un camper sta effettuando operazioni di rito.
C'è anche la possibilità di lavare il camper sotto una tettoia con lancia, detersivo e
spazzolone.
Le donne son pronte e riprendiamo la via verso il centro città alla volta del Colosseo che visiteremo stamattina subito. Mezz'oretta e siamo nel tempio circense dell'antica Roma.
E' di questi giorni la notizia che l'imprenditore Diego Della Valle abbia deciso di stanziare dei fondi per la ristrutturazione e pulizia del sito.
Anche qui grazie al biglietto fatto il giorno prima al Palatino, saltiamo la fila ed entriamo in quel che era il tempio dei giochi per antonomasia e ne conserva ancora il fascino.
La visita non dura molto ma la godiamo sotto un cielo soleggiato e non posso fare a meno di apprezzare il clima della capitale in questi giorni, sempre bello, sereno e con temperature accettabilissime.
Facciamo tutto il giro dell'arena soffermandoci di quando in quando a fare foto e video.
La passione per gli spettacoli cruenti nell'età imperiale raggiungeva qui il suo apice.
L'imperatore Tito inauguro l'anfiteatro con 100 giorni di giochi nell'80 d. C. e che comportano l'uccisione di oltre cinquemila bestie feroci.
Questa carneficina al solo scopo di divertire fu permessa legalmente fino al 523 d. C.
L'immane fatica della costruzione spettò a schiavi ebrei, deportati a Roma dopo che fu repressa l'insurrezione in Giudea.
Da allora il Colosseo ha costituito il prototipo degli stadi sportivi in tutto il mondo.
Deve il nome con il quale è conosciuto ad una statua “colossale” di Nerone che era posta nelle vicinanze; in realtà si chiamerebbe Anfiteatro Flavio, ma pochi lo conoscono così o meglio lo sanno ma per tutti è, rimane e sarà sempre il Colosseo.
Era adorno di statue in ogni capitello, statue che furono depredate nei secoli.
Usciamo, attraversiamo la strada ed aspettiamo un bus che transiti davanti al Vittoriano e che ci porti in zona Pantheon; non aspetteremo molto.
Scendiamo in Via del Corso, superiamo Piazza della Colonna, il palazzo del Parlamento con piazza di Monte Citorio, giù per Via D. Guglia, a sinistra per Via dei Pastini ed arrivo a Piazza della Rotonda ed ecco il Pantheon.
La fontana disegnata da Giacomo Della Porta e che Leonardo Sormani scolpì nell'anno 1575 ci offre i suoi gradini per riposarci un istante osservando due ragazzi vestiti come dei lacchè offrire a tutti dei volantini per la festa di Capodanno che si terrà stasera non so dove.
Irene, con la testa abbassata in mezzo alle ginocchia, gioca con una pagliuzza a spostare dei sassolini immaginari, Jenny fuma, io leggo a voce alta la guida per dar loro notizie.
Siamo molto stanchi davvero, ma siamo felici di aver dedicato questo tempo alla nostra capitale perché davvero lo merita.
L'imperatore Foca, donando questo tempio pagano a papa Bonifacio IV nel 608, fece sì che una delle meraviglie dell'antica Roma si conservasse, praticamente inalterata, come chiesa cristiana di Santa Maria ad Martyres.
L'imperatore Adriano, un architetto dilettante, progettò questa bella struttura tra il 118 ed il 125 d. C.
Nel corso dei secoli il Pantheon ha subito diversi saccheggi: i barbari ne rubarono i tesori, Costantino II sottrasse le tegole dorate, nel 1625 Urbano VIII fuse il bronzo delle travi del portico per farne cannoni per Castel Sant'Angelo.
Tuttavia l'arioso interno e le proporzioni perfette si sono conservate conservando di fatto un capolavoro vero e proprio anche per quei tempi. Irene ha finito il panino e decidiamo di entrare.
La cupola in muratura risulta essere la più larga d'Europa ed è esattamente larga quanto alta: 43,3 metri.
Il foro al centro permette alla luce, e non solo a quella, d'entrare e dona al Pantheon il suo aspetto incorporeo; tale foro è detto Oculum, un ardito buco circolare di 8,3 metri di diametro ed è situato al centro della cupola dando, come detto, fonte di luce e nel contempo sostegno strutturale in quanto la tensione intorno al suo anello strutturale
aiuta a sostenere il peso della cupola stessa.
Entrando noterete il Pronao, ovvero il grande timpano triangolare sostenuto da 16 colonne in granito rosa-grigio ed ancora tutte originali eccezion fatta per le tre a sinistra che risultano essere copie del XVII secolo.
Qui ancora impressa sul timpano la scritta “M. Agrippa cos tertium fecit” (l'opera di Marco Agrippa) è il modo con cui Adriano scelse di onorare Agrippa, genero dell'imperatore Augusto che nel 27 d. C. fece erigere il primo Pantheon che poi fu sostituito dal presente. Il timpano dava l'illusione che il tempio fosse più piccolo, rendendo ancora più sorprendente lo spazio immenso dell'interno (in origine il Pantheon era rialzato e la cupola non si vedeva).
Le “orecchie d'asino” del Bernini, due torri minuscole che l'artista aggiunse al timpano, furono tolte nel 1883.
Superato il Pronao, noterete i Portali con battenti in bronzo massiccio e sono ufficialmente originali, anche se nel 1653 papa Pio IV li fece rimaneggiare a tal punto da farli praticamente rifare nuovi.
Con una cupola così c'era da aspettarsi dei muri altrettanto possenti e difatti son larghi ben 6,2 metri ed incorporano degli archi che aiutano a reggere e distribuire verso il basso il peso alleggerendo così notevolmente il carico del tetto.
Che dire, sembra nulla ma è un capolavoro di ingegneria e se pensate che ad Ostia Antica esistono i resti di qualcosa di simile costruito parecchi anni prima, allora il tutto si avvolge anche di un velo di mistero.
Due re d'Italia son sepolti qui in semplici tombe e sempre semplice è pure la tomba di Raffaello che mancò a soli 37 anni. Il beniamino della Roma rinascimentale riposa in un semplicissimo sarcofago di pietra sul quale sta inciso un epitaffio in latino di Pietro Bembo: “Qui giace Raffaello da cui la Natura temeva di esser sorpassata, ma ora che se ne è andato teme che anch'essa morirà” Cosa dire.......onore all'artista!! Baldassarre Peruzzi è pure lui sepolto qui.
L'interno tutto è ornato da marmi antichi e porfido rosso e più della metà dei pannelli policromi che rivestono le pareti sono originali mentre i restanti ed il pavimento sono riproduzioni accurate.
Infine nel retro del Pantheon noterete una cornice decorata e delle colonne scanalate nel muro a testimonianza dell'edificio attiguo che un tempo sorgeva qui.
All'uscita una ragazza con dei bicchieri riempiti d'acqua a vari livelli sta suonando e molte persone la stanno ad ascoltare.
Da qui torniamo a Piazza Montecitorio perché voglio fotografare il Parlamento e la omonima piazza e da piazza Capranica tagliamo per la pedonale Via della Missione dove mi imbatto in auto blu parcheggiate lungo la viuzza e dentro ad un cortile. Faccio foto a quelle sulla viuzza e guardo il cortile, con portone aperto e nessun cartello di divieto.
Entro e faccio foto a dei macchinoni incredibili che sono ad uso dei nostri amati
politici ed appena esco vengo bloccato da un carabiniere che mi chiede cosa faccio.
Foto, rispondo un pochino sorpreso e questo parte con una sequela di richiami alla proprietà privata etc etc.
Mia moglie e mia figlia son sedute sui cippi reggi catena della piazza del Parlamento ed osservano.
Dico al carabiniere che non ho fatto nulla di male e che se le foto danno fastidio le cancello.
Questo insiste e vuole i documenti; glieli passo ma è alterato e si inquieta ancor di più quando gli faccio notare che:
a) se non vogliono che la gente entri e siccome siamo in una zona a transito pedonale, devono mettere dei cartelli di divieto.
b) se lui è li per controllare ed io son entrato, significa che il suo lavoro non lo sta facendo al meglio.
Non so cosa lo abbia fatto incazzare di più ma ha iniziato a minacciare di farmi portare in caserma e farmi tenere li fino a domattina così mi avrebbero rovinato anche il capodanno.
Mi chiede che professione faccio e gli rispondo che è scritta sulla carta d'identità che ha in mano.......................... e qui ho rischiato grosso perché ha preso in mano il telefono ed ha chiamato un
maresciallo che forse, capendo la situazione senza far tanto casino, gli ha detto di lasciarmi andare e basta.
Che situazione poco edificante che ho vissuto, sentendomi trattato come un delinquente senza aver fatto nulla contro la legge e le regole. Che schifo!
Va beh dai foto di rito al Parlamento sotto lo sguardo severo del piantone e via verso Fontana di Trevi per fotografarla di giorno oltre che di notte. Irene ride, Jenny un pochino meno, io arrabbiato ed impotente ripenso a tutta la situazione.
Il traffico intenso, veloce e rumoroso di Via del Corso mi riporta all'istante al presente e mentre attraversiamo cerco sulla cartina il nome della prossima via da imboccare.
Oramai conosciamo bene questa zona, chiedo a Jenny se vuole un caffè in un bar della galleria Sordi ma dice di no ed allora la attraversiamo solamente guardando i negozi ed usciamo su Largo Chigi e Via del Tritone dove giriamo a destra per Via Poli e siamo alla fontana che riprendiamo e fotografiamo.
Prendiamo la metro, anche se solo per una fermata, ed arriviamo a Piazza di Spagna. Saliamo non dalla famosa scalinata, ma dalla laterale dopo l'edicola dove Irene sosta per comperarsi degli scoobydoo (dei fili di gomma multicolore che vanno intrecciati per realizzare portachiavi ed altro).
Arriviamo alla sommità, col fiatone per la verità, ed ammiriamo la scalinata, la Barcaccia e la contigua Via Condotti, tutto animato da persone che camminano, parlano, ridono ed alcuni brindano anche di già.
Alcuni ritrattisti sono impegnati nella realizzazione di caricature e disegni di bimbi in posa statica seduti su delle seggiole di tessuto.
Trinità dei Monti è la chiesa in cima alla scalinata commissionata dai francesi perché ne faceva parte essendo legata ad un convento fondato da Luigi XII nel 1503.
La facciata inconfondibile a due campanili (e che ricorda molto le cattedrali di Francia se notate) del 1584 è di Giacomo Della Porta, la scalinata doppia del 1587 è opera di Domenico Fontana.
L'interno barocco all'altezza della terza cappella fu chiuso da una cancellata di ferro, aperta solo durante le funzioni ( e noi l'abbiamo trovata aperta comunque). Daniele da Volterra ne affrescò la terza cappella a destra e dipinse la pala d'altare con l'Assunzione (dove il personaggio all'estrema destra è un ritratto del suo maestro Michelangelo), come anche la Deposizione nella seconda cappella a sinistra.
Qui vicino, la cinquecentesca Villa Medici dal 1803 ospita l'Academie Francaise ed in questa dimora vengono a studiare i migliori studenti francesi che ricevono anche il Prix de Rome.
Dove invece sorge il meno intellettuale McDonald e l'American Express, un tempo trovava sede la casa di Keats e la sala da tè Babington's e dove abitò anche Goethe.
Goethe che scrisse Viaggio in Italia e che segnò l'inizio della calata degli europei del Nord a Roma che qui giungevano per studiare e godersi il sole.
Da qui in nome di “Ghetto Inglese” che è affibbiato a Trinità dei Monti.
Usciti dalla chiesa riempiamo lo sguardo dei tetti di Roma prima di scendere la famosa ed elegante scalinata che si può dire sia il più amato monumento rococò di Roma.
Qui a maggio viene ricoperta di azalee e deve essere unno spettacolo molto suggestivo e bello anche se per tutto l'anno questo monumento attira gente che stando qui si immedesima un po' nella “dolce vita” grazie anche a musicisti che suonano e strimpellano fino a tardi.
Il progetto fu di Francesco De Sanctis e risale al 1723-1726 per il re Luigi XV e prende il nome dalla chiesa che si trova in cima, mentre Piazza di Spagna prende il nome invece dall'ambasciata di Spagna in Vaticano che ha sede qui vicino.
La sera è scesa, siamo stanchi e la metro così vicina ci suggerisce il rientro al camper in previsione che ci vorrà ancora un oretta per arrivarci e poi dovremo comunque preparare qualcosina di semplice per festeggiare Capodanno.
Così facciamo e dopo averci dato appuntamento per le 23,30 con altri camperisti che ci stazionano vicino entriamo in camper dove ci prepariamo per la cena.
Antipasto con dei crostini e del salmone preso al carrefour, un primo a base di pasta allo scoglio (sugo già pronto della Jenny e che il freezer conserva che è una meraviglia, una bottiglia di vinello bianco delle nostre zone ed una fetta di panettone in attesa della mezzanotte.
Irene ha conosciuto una sua coetanea e come sempre questo succede alla fine, ma avranno comunque del tempo per stare insieme.
Infatti non sente più stanchezza, inforca le scarpe e giubbotto e berretto e si fionda fuori per camminare, parlare e giocare con la sua nuova amica. Jenny sbriga quelle poche cose (è stanca anche lei) e poi si va a fare una doccia, mentre io guardo pericolosamente la TV.
Pericolosamente perché dopo mangiato, rilassato sul sedile-poltrona della semidinette, con TV accesa e calduccio sparato sui piedi dalla Truma, secondo voi che succede????
Succede che dopo dieci minuti dieci ronfo che è un piacere e solo Irene che entra per prendere il DS mi sveglia di soprassalto facendola anche scoppiare a ridere per la faccia meravigliata ed assonnata che mi ritrovo.
Ed è con questa faccia da sonno che faccio conoscenza di Alice, l'amichetta di Irene.
Mi sistemo ed esco a far quattro chiacchiere con le persone che son già fuori in attesa di festeggiare mentre i botti diventano un continuo e non si distinguono più. Jenny chiacchiera con la mamma di Alice ed io arrivo con spumante e pandoro. Gioco un po' con le bimbe e poi vedendo che inizia a radunarsi la gente, apro il pandoro e lo taglio e tolgo allo spumante il collarino di ferro o gabbietta che ne ferma il tappo.
Non è proprio uno spumante, scontato in questi giorni, ma ho preferito un marzemino rosso molto dolce e leggero adatto a tutte le gole, comprese quelle dei minori che vogliono comunque e giustamente brindare pure loro.
Inizia il conto alla rovescia ed allo zero faccio saltare il tappo e via con gli auguri.
Partono botti e fuochi d'artificio a go go e rimaniamo con la testa e lo sguardo rivolto al cielo per parecchi minuti, tanti sono davvero.
I vini hanno successo, i dolci meno, forse perché abbiamo tutti mangiato in abbondanza e questi giorni di festa si sa, nessuno soffre la fame.
Puliamo la zona e ci diamo appuntamento per domani per una giornata assieme alla famiglia di Alice con la quale è già nata l'affinità. Ben venga!!
Chiamiamo le fanciulle, ma non ne vogliono sapere di ritirarsi ed allora rimaniamo ancora una mezz'oretta a chiacchierare.
Non fa freddo più di tanto, qualche botto in lontananza ci rammenta che un nuovo Anno è arrivato e speriamo tutti sia un anno senza problemi e senza grossi danni economici.
Già questo sarebbe un bellissimo regalo penso mentre Irene sale ed io chiudo la porta.

01 Gennaio 2011
Eh si, oggi la data la scriviamo diversa, nuova, con un numero in più non solo nel giorno ma anche nell'anno.
Nel svegliarci ci facciamo di nuovo gli auguri e ci prepariamo con straordinaria velocità, soprattutto Irene.
Poi capisco il perché.............. la sua amichetta Alice già gironzola fuori e non vede l'ora di raggiungerla.
Mentre finiamo di prepararci, tiro fuori il tavolino e due sedie affinché le due bimbe si possano accomodare e fabbricare scoobydoo. E' una bella giornata di sole e col giubbotto non stanno male fuori.
Dopo circa una mezz'oretta siamo pronti ed assieme all'altra famigliola percorriamo il solito iter che da sei giorni oramai caratterizza il nostro inizio mattinata e la fine della giornata.
Questo però è il nostro ultimo giorno a Roma, o meglio avremmo ancora da visitare e potremmo anche rimanerci ancora, ma l'area era prenotata fino alle ore 12.00 del 02 gennaio e pur tentando non c'è stato verso di allungare in quanto attendono altri arrivi in prenotazione e rimanendo creeremmo loro notevoli disagi.
Pazienza, è proprio destino che ci ritorniamo a Roma e non ci dispiace a dire il vero.
Oggi metro blu' fermata Circo Massimo e giro nella zona dell'Aventino.
Il Circo Massimo è di facile localizzazione e visione dal pianoro in cui siamo fermi, praticamente lo spiazzo a lato di Via del Circo Massimo. A prima vista dà l'impressione di una conca polverosa, ma a suo tempo era un maestoso ippodromo ed Irene ci racconta di aver letto che la sua forma “infossata” permetteva l'allagamento,
le pareti tutt'intorno fungevano da argini trasformandolo in un enorme catino dove si svolgevano giochi acquatici e simulazioni di battaglie navali.
A me giunge nuova questa, ma probabilmente c'è del vero in quel che dice.
Per risvegliare l'entusiasmo che nelle bimbe si sta spegnendo ci inventiamo la loro assunzione quali guide giornaliere e di fatto passiamo a loro sia gli appunti che la guida che la mappa e le lasciamo sbizzarrire nel portarci dove si era detto di andare.
Ed è così che con dovizia e precisione ci fan salire fino a Piazzale Ugo La Malfa ed imbocchiamo Via di Santa Sabina dove troviamo il Roseto comunale e più avanti il Giardino degli Aranci.
Il roseto è un luogo delizioso in primavera perché appunto innumerevoli varietà di rose sbocciano in molteplici colori e da questo si capisce perché è annoverata tra le passeggiate romantiche di Roma.
Come detto, da qui si sale la collina fino al Giardino degli Aranci da dove, all'ombra dei pini ci si può riposare e godere di un panorama, su Roma e sul lungo Tevere, delizioso.
Da qui si vede benissimo Trastevere e San Pietro, quest'ultimo per la verità si vede da parecchie o quasi tutte le mete che abbiamo fatto.
Alberi d'arancio sono ovunque e sono anche carichi di frutti; pochi turisti passeggiano e la quiete regna sovrana.
Pochi metri fuori dal giardino ammiriamo una fontana ed aspettiamo l'arrivo delle nostre guide che ci informano dell'adiacente Chiesa di Santa Sabina che visitiamo.
Fu eretta sul Tempio di Giunone Regina nel 425 in onore di una matrona romana martire. Nel 1936 e per due anni ospitò i lavori che la riportarono al suo aspetto originale conservando però aggiunte del IX secolo come gli ornati cosmateschi ed il campanile.
Al suo interno 24 colonne carinzie sono sormontate da arcate con fregi in marmo, mentre la luce arriva filtrata attraverso lastre di selenite alle finestre.
I portali sono in cipresso scolpito del V secolo e presentano 18 scene bibliche tra cui la prima Crocifissione di cui si abbia notizia, curiosamente senza croci.
Qui sopra comunque eravamo venuti con uno scopo ben preciso e cioè “spiare” dal buco della serratura del portone sito nella Piazza dell'Ordine dei Cavalieri di Malta. C'è addirittura la fila ed inizia a piovigginare........del resto dopo giorni splendidi, un po' d'acqua è anche giusto che ce la prendiamo. Siamo attrezzati di ombrelli che prontamente apriamo mentre ci mettiamo in fila. Dei soldati sono a guardia della Piazza, sono giovanissimi e chiacchierano tra loro.
La gente in fila, come noi del resto, viene qui per vedere la cupola di San Pietro incorniciata da un gruppo di alberi e la si vede dal buco della serratura appunto del portone.
Tuttavia se vi girate anche le magnifiche decorazioni della Piazza ad opera di Giambattista Piranesi valgono la salita fino a qui.
Piranesi è famoso anche per le incisioni potenti di paesaggi immaginari con rovine antiche.
In onore dell'antico ordine dei Cavalieri crociati (fondato nel 1080), l'architetto scelse di decorare i muri con obelischi ed emblemi araldici nello stile antico.
I Cavalieri n origine avevano la loro base a Rodi, poi a Malta mentre oggi fanno capo a Roma.
Curioso sapere che dopo la sconfitta Remo si ritirò su questo colle e da sempre tutto questo quartiere è un esempio della lotta incessante tra la classe lavoratrice e la classe del potere. Romolo sul Palatino mentre Remo sull'Aventino diedero origine rispettivamente ai patrizi ed ai plebei.
Questo conflitto permane tutt'oggi, tra i ricchi dell'Aventino (noterete ville immerse nel verde a iosa) e la modesta gente del Testaccio.
Percorriamo a ritroso la strada che ci vede ora in discesa e le nostre brave guide ci conducono alla Bocca della Verità dove una fila incredibile ci fa desistere e passare oltre continuando su Via San Giovanni Decollato fino ad arrivare a Piazza della Consolazione dove tutti si fermano un secondo a cincischiare ed attendono il mio arrivo; mi ero attardato dedicando delle foto ai Templi del Foro Boario. Andiamo a sinistra per Vico Jugario che diventa poi Via del Foro Olitorio e raggiungiamo così il lungotevere dove prendiamo a destra per arrivare a Trastevere (che i nostri compagni di visita non avevano ancora visitato) attraverso Ponte Cestio e l'Isola Tiberina.
Sul Ponte qualche suonatore di flauto rende melodico il nostro transito ed incuriosito lo osservo in quanto, piovendo tuttora, si è costruito un baldacchino originale per poter continuare a “lavorare” nonostante il tempo infelice.
Superata la leggera curvatura del ponte (schiena d'asino) notiamo le insegne del ristorante della Sora Lella, ristorante di proprietà della sorella del mitico Aldo Fabrizi che di Roma, come Sordi ne è un pochino il simbolo.
Forse Fabrizi rappresenta più di Sordi la gente “de noantri”, semplice, “tera -tera” per dirla alla romana.
Irene mi fa notare l'ospedale e ci fermiamo sulla seconda parte del ponte ad osservare il Tevere limaccioso che scorre sotto.
Qui le rive son in marmo e ben pulite e le ragazze chiedono di scendere per passeggiare lungo il fiume.
Acconsentiamo, dopo le raccomandazioni di rito, tanto siamo in attesa della sorella della mamma di Alice e del suo fidanzato che sono arrivati ieri per trascorrere la notte di Capodanno a Roma e tra breve si uniranno a noi.
Rimaniamo li a chiacchierare del più e del meno per una mezz'oretta buona che ci rilassa e ci corrobora.
Oramai sentiamo la fine della nostra avventura romana e ce la prendiamo con comodo.
Ci congiungiamo tutti, le ragazze salgono dalla banchina e usciamo da ponte per entrare direttamente in Trastevere che percorriamo con calma in lungo ed in largo, mangiandoci anche un gelato e delle crepes.
Decidiamo di non cenare qui perché è presto e ci portiamo dalle parti di Piazza Navona attraversando viuzze e stradine dalla bellezza coinvolgente e chiacchierando tra noi non pesa più di tanto la scarpinata.
Ceniamo in una trattoria il cui titolare è un fan della Roma, manco a dirlo, e le pareti son tappezzate di poster “dea maggica”. Assaggiamo i tipici piatti romani e non lasciamo nulla nei piatti e manco nei bicchieri. Corroborati e carichi ripartiamo per una passeggiata serale in Piazza Navona che offre in quest'orario il meglio di sé. Le bancarelle sono tutte aperte, tutte illuminate.
Passeggiamo tra la gente osservando cinesi che si offrono come incisori di chicchi di riso, sagomatori di filo di ferro, costruttori di braccialetti. Optiamo per una frittella che sembra più un mattone che una frittella, ma almeno possiamo dire di essere stati a Piazza Navona ed aver mangiato la frittella. Roberto (papà di Alice) si assenta per qualche minuto e torna con due befane che regala ad Alice ed Irene...............quella di Irene è tuttora appesa in camper!!!!
Si son fatte le nove e ci dividiamo dai due fidanzati che rimangono ancora a gironzolare per Roma, mentre noi con le ragazze ci portiamo in Via Zanardelli per aspettare il primo bus che ci porti a Termini da dove poi raggiungeremo l'area. In area le ragazze giocano e parlottano ancora un poco mentre Jenny fuma ed io e Roberto parliamo del sito dove è iscritto e collabora per l'organizzazione di uscite ed altro.
Gli prometto la mia iscrizione e soprattutto l'adesione a qualche iniziativa ed uscita, giusto per non perdere il contatto, assolutamente piacevole, e per dar modo alle fanciulle di vedersi di nuovo e stare insieme. Sono quasi le 23.30 quando smettiamo e ci salutiamo con la buonanotte.

02 Gennaio 2011
E' il giorno degli addii, o meglio degli arrivederci ma sono sempre tristi lo stesso e stavolta in modo anche particolare in quanto Alice ed Irene, oltre ad aver scoperto di avere molte cose in comune, hanno anche legato molto e la tristezza del distacco si legge negli occhi di entrambe.
Io lascio Jenny ed Irene sulla piazzola a conversare e salutare Roberto e sua moglie e vado intanto a scaricare le grigie, le nere e carico acqua.
Sono veloce e torno alla piazzola per caricare moglie e figlia e per salutare a mia volta gli amici conosciuti, dandoci appuntamento in quell'universo liquido che è internet e che ci vede iscritti a vari siti oltre che all'immancabile Facebook.
Son quasi le 10.00 quando varchiamo definitivamente il portone dell'area LGP che ci ha veramente soddisfatti e la direzione è Ostia perché vogliamo dare l'ultima mazzata alle nostre gambe visitando i resti di Ostia Antica.
Ci arriviamo in mezz'ora, non è lontano, non c'è traffico ed il Becker esegue sempre al meglio il suo compito.
Parcheggiamo velocemente e facciamo il biglietto d'ingresso e dopo una decina di minuti stiamo camminando sul Decumanum Maximus con resti a destra e sinistra.
Ostium significa foce in latino e qui, circa duemila anni fa, si trovava l'antico porto di Roma, sulla costa, alla foce del Tevere.
Poi come successe a Selinunte in Sicilia ed in altre località, con il trascorrere dei secoli il mare si è ritirato per diversi chilometri (Pordenone ad esempio deve il suo nome romano Porto Nonis proprio perché era un porto ed ora guardate il mare quanto dista) modificando anche il corse del fiume drasticamente.
Ostia fu fondata nel IV secolo a. C. come presidio fortificato , ma mano a mano che Roma crebbe, questa cittadina alla sua periferia diciamo, divenne sempre più importante come punto di distribuzione delle merci provenienti dal Mediterraneo.
A quel tempo Roma contava già circa un milione di abitanti e per conservare il grano, importato in abbondanza per sfamare tutti, furono costruiti enormi depositi (detti horrea).
Le merci venivano poi trasportate a Roma per via fluviale, anche se noterete percorrendo le strade antiche le scanalature lasciati dai carri che nel corso dei secoli han letteralmente “solcato” il manto.
Il periodo d'oro di Ostia finì nel IV secolo d. C. mentre invece come centro abitato si estinse circa un migliaio di ani fa. Una sensazione di orgoglio patriottico dovrebbe pervadervi nel camminare sul Decumanus Maximus al quale si accede dall'antica via Ostiensis e dove la dea in marmo bianco a sinistra segna l'inizio di questa principale ed importantissima via e dalla quale si diramano innumerevoli cardi (nome delle vie laterali rispetto al Decumanus).
Il sito è grande e molto bello e credo ci vogliano dalle tre alle cinque ore per visitarlo tutto e noi ci siam rimasti a lungo, pranzando anche nel self service che troverete all'interno che, nonostante l'afflusso notevole di turisti e visitatori, ha retto bene all'urto andando in rottura di stock verso le 13.30 (ora del nostro arrivo) solo con
delle salsicce che per la verità non ci interessavano nemmeno.
Abbiamo camminato molto e visitato il Teatro che in origine era due volte più in alto rispetto ad ora.
Dietro al palco vi era un tempio dedicato non si sa bene se a Cerere (dea delle messi) o a Dionisio (dio del teatro). Vedrete dei mosaici intorno alla piazza che pubblicizzano i prodotti a quel tempo importati come grano, animali selvatici, avorio.
Casa di Diana e thermopolium dalla sommità della quale si gode di un panorama eccezionale, stupendo. Curiosate di fronte il thermopolium,, un'osteria, ha un affresco che funge da menù con i cibi e le bevande in vendita.
Nel Museo potrete ammirare statue preziose, sarcofagi e mosaici rinvenuti tra le rovine. Uno dei pezzi più importanti è una statua del dio Mitra che si accinge a sacrificare un toro.
Il cuore della città era il Foro ed appariva come uno spazio rettangolare circondato in origine da colonne dove al centro sorgeva un tempio dedicato ai Lari.
Impossibile non scorgere il Capitolium che sulla città dominava ed era dedicato alla triade capitolina Giove, Giunone e Minerva. Salendo la scalinata (se avrete ancora forze una volta qui giunti) potrete osservarne la soglia in raro marmo luculliano.
Immancabili nella Roma antica e di conseguenza anche nelle altre città, le Terme e qui troviamo quelle dei Sette Sapienti dove trova posto un dipinto raffigurante Venere e mosaici con cacciatori ed animali, atleti nudi e scene marine. Noterete infine come fossero sapientemente costruite, su più livelli e con le intercapedini refrattarie che permettevano la circolazione dei fumi, del calore, del tepore, del vapore acqueo.
Si sappia, come potrete del resto immaginare, che le abitazioni erano prive di bagno e si conseguenza la pulizia e l'igiene generale era garantita dalla frequentazione, più o meno assidua, dei bagni termali appunto che così avevano doppia funzione: rigenerare e permettere nel contempo pulizia e decoro.
I ricchi possedevano ville come l'elegante Domus di Amore e Psiche del III secolo d. C. d in questa Domus si possono ancora ammirare le colonne doriche, la fontana (nymphaeum) e i decori in marmo policromo.
Troviamo anche le Terme di Nettuno che risalgono al II secolo ed erano ornate da mosaici raffiguranti divinità e mostri marini e che si ammirano ora da una balconata ottima anche per avere una visuale allargata sul complesso antico.
Anche qui, se andate sulla sinistra potrete vedere da vicino l'ingegnoso sistema di riscaldamento delle terme.
I templi erano tanti e solo a Mitra ne erano dedicati 18 e qui osserverete il Mitreo dei Serpenti.
Tale culto era molto diffuso tra i soldati romani e nelle città portuali prosperava maggiormente.
Gli affreschi dei serpenti invocavano la fertilità della terra mentre i banconi servivano per sdraiarsi durane i banchetti rituali dove il cibo la faceva da principale protagonista.
Ma è camminando che potrete scorgere anche i più piccoli particolari e non sarà difficile immaginare la vita di quel tempo con le strade frequentate da persone di tutte le categorie intente nei loro interessi.
Particolare la zona che abbiamo capito essere stata un mercato generale e che per certi versi è ancora uguale a quei mercati generali che si vedono nelle nostre città.
Immensi magazzini danno l'idea di cosa fosse stivato qui ed alcune targhe ricordano ancora i loro proprietari.
Delle ghiacciaie ed alcuni disegni ci fan capire d'essere al cospetto di un negozio di pescivendolo, con a fianco la taverna ed altri negozi.
Come detto il sito è enorme e girarlo ci vuol tempo ma qui ci si tuffa davvero nella storia e se Roma, pur essendo intrisa di monumenti importantissimi rimane comunque circondata dalle costruzioni dei nostri giorni che ci fanno fare i conti con la realtà odierna, qui questo non succede e se una sciarpa anziché tenerla al collo la fate passare su una spalla e la lasciate cadere sul fianco opposto a mo' di stola annodandola verso la fine lasciando un ciuffo di fili pendenti, vi sembrerà di diventare un abitante della Ostia Antica che si sta recando alle terme.
E' giocando in questo allegro modo che esaurisco totalmente la batteria della nuova digitale e nel contempo arriviamo al camper. Son le 15 del pomeriggio passate, la giornata è stata bella e soleggiata e ci ha permesso una visita davvero speciale e decidiamo di iniziare a risalire la penisola in per portarci lentamente più vicino a casa.
Avevamo programmato di includere nelle nostre vacanze (che quest'anno sono state davvero lunghissime grazie alla disposizione delle feste, ben 17 giorni in totale), la zona del tufo e la relativa civiltà e quindi facciamo rotta verso Pitigliano.
Avevo letto di un paese, Calcata, dove degli artisti si erano comperati le vecchie case del borgo e vi si erano insidiati e decidiamo di passare a fare una visitina.
Siamo in provincia di Viterbo e già nel salire scorgiamo il paesino arroccato su un colle, vecchio ma simpatico.
Proseguite superandolo e troverete posto nel parcheggio comunale del paesello successivo che si è attrezzato proprio perché a Calcata non c'è modo di parcheggiare ed addirittura molti lasciano la vettura lungo la strada, addossata alla collina, rendendo impegnativo il transito di mezzi più ingombranti.
Dal parcheggio parte una stradina lastricata di tufo che porta direttamente al paese, passando per dei vicoli abitati talmente stretti che fanno davvero impressione.
Anche l'ingresso a Calcata è ad effetto, con una porta ad arco che immette nella cittadina fortificata, per raggiungere la quale ci si inerpica su un ciottolato che forma una esse ben delineata.
Tale forma trova giustificazione analizzando i tempi antichi dove assalti e ruberie erano all'ordine del giorno e chi difendeva, creando questi tortuosi percorsi, obbligava gli invasori al rallentamento, diventando facile preda delle armi o delle frecce scagliate dai difensori. Questi ingressi saranno una costante della zona e li vedremo anche in altri rocche.
Il borgo è piccolissimo, in cinque minuti lo si gira tutto e per la verità molto
deludente. Mi aspettavo qualcosa come visto in Grecia con reali pittori intenti a dar sfogo al loro estro, ed invece mi son trovato altro genere di artisti, con capelli lunghissimi intrecciati alla Bob Marley e vestiti con colori sgargianti tipici degli hippy.
Comunque il tempo che si dedica al viaggio, alla visita, alla scoperta di posti sempre nuovi, a mio modesto avviso non è mai perso.
In un negozietto comperiamo della crema di nocciole deliziosa, assaggiamo l'olio extravergine sempre dello stesso produttore della crema e ce ne torniamo al camper.
Se arrivare a Calcata è stato facile perché eravamo in discesa, al ritorno una bella sbuffata l'abbiamo cacciata causa la ripidità della salita interrotta in alcuni tratti dalla presenza di scale. Avevamo progettato di rimanere qui per la notte ma visto che Calcata l'abbiamo visitata ed altro da fare non c'è, decidiamo di rimetterci in moto e raggiungere
Capodimonte per passare la la notte in un'area segnalata dal portolano.
Nell'andarcene dal paese troviamo un negozietto aperto, anche se è domenica, e molta gente che staziona dentro e fuori e coi carabinieri per giunta che stan li a chiacchierare pure loro. Jenny deve comperare i tortellini che Irene vuole per la cena e quindi mi fermo ed aspettiamo il ritorno della mamma.
Mamma che torna sorridente e divertita perché il negozio apre ufficialmente domani, ma oggi han fatto l'inaugurazione e dentro tutte l'avevano invitata a bere qualcosa e punzecchiare una tartina.
Molto gentili ed accoglienti e poi con quel loro accento simpaticissimo hanno messo dell'ottimo umore anche a Jenny che in camper si dilungava a raccontare situazioni, dettagli, aneddoti.
A Capodimonte ed al lago di Bolsena ci giungiamo verso le 20.00 e giriamo per un po prima di capire dove si trova l'area di sosta.
Sperduta alla fine di una stradina sterrata di campagna, dà l'idea di un'area stagionale e me lo conferma il gestore al quale telefono per aver lumi e la certezza che quella che vedo sia davvero quella che cerco.
Lui è stato gentile e sentendo forse dalla voce la mia titubanza anticipava la mia scelta dicendomi che se volevamo restare lui sarebbe passato il mattino seguente per incassare la tariffa di sosta. Piena di fango a causa delle recenti piogge, scarsamente illuminata e in una zona completamente desertica, non ci ha ispirato e ce ne siamo andati.
Certo nel periodo estivo, è l'ideale perché è posizionata proprio sul lago. Si può sostare anche nella zona del porto, ma siccome il giorno seguente c'è il mercato e bisogna liberare per le sette, preferiamo andare in un piazzale appena fuori paese, in una zona residenziale tranquilla, sorta da poco a giudicare dalle case nuove. Qui ceniamo e dormiamo senza nessun problema, eccezion fatta per il forte vento che soffia.
E' la seconda volta che veniamo al lago di Bolsena ed è la seconda volta che soffia un vento davvero incredibile precludendo di fatto la nostra voglia di fare una gitarella in barca fino all'Isola Bisentina. Mah vedremo domani che tempo ci sarà.

03 Gennaio 2011
Infatti il vento soffia più di ieri, il lago è fortemente increspato e noi decidiamo per una visita a piedi della cittadina di Capodimonte iniziando da un bel bar in zona porto, sul lungolago che ci delizia con una colazione semplice, brioches e cappuccino, ma corroborante.
Attraversiamo il mercato prenotando con gli occhi delle clementine che al rientro acquisteremo e saliamo verso la Rocca Farnese.
Gironzoliamo nella piazza alta della città e scendiamo dalla parte dei giardinetti per vedere se riusciamo a scorgere il presepio sommerso che il gruppo sommozzatori di Capodimonte realizza tutti gli anni nel lago.
E' piccolo, semplice e non desta stupore; migliori son stati quelli visti a Calcata (ricavati in gherigli di noci, cocco ed altro) e quello nella Chiesa di Santa Sabina sull'Aventino (fatto con le mollette che si usano per stendere i panni ed in stile romanico con tanto di colonne e resti di templi).
Facciamo scorta di pane, prendiamo come detto le clementine, ripassiamo al bar perché Irene ha voglia del cono pizza che ha visto prima ed ora ha fame e ritorniamo al camper pronti per riprendere il viaggio.
La zona bellissima, dai colori davvero unici anche per il periodo in cui siamo, ci offre notevoli spunti fotografici ed alcuni, con il lago sullo sfondo, son davvero unici.
La strada, alquanto disastrata per la verità, si snoda sulla cresta delle colline e sia a destra che a sinistra grandi valli panoramiche si aprono allo sguardo. Nell'appropinquarci a Pitigliano, prossima nostra meta, ci imbattiamo in Sorano e nella Fortezza Orsini che visitiamo dopo aver parcheggiato nel piazzale adiacente di fronte al cimitero.
C'è una visita guidata del museo e dei sotterranei alle 14.00 e decidiamo valga al pena aspettare ed intanto occupiamo le ore rimanenti visitando il Borgo che si erge su uno dei tanti speroni tufacei che dominano il corso del Lente, il fiume che passa da qui.
E' un borgo affascinante e nel contempo un pochino misterioso al quale si accede per mezzo della porta sud oppure dalla porta dei Merli (in pratica l'ingresso al cortile interno della Fortezza Orsini, da dove si scende una scalinata e si giunge al Borgo appunto), sulla quale si possono ammirare gli stemmi araldici di Cosimo II dei
Medici e Niccolò IV Orsini.
Sopra noterete le due aperture dove un tempo scorrevano le catene usate per il ponte levatoio.
Anche qui l'ingresso tortuoso renderà benissimo l'idea e lo scopo per il quale era stato concepito ed a rafforzare il tutto intervengono le feritoie ai quattro lati da dove i soldati sparavano una sorta di fuoco incrociato che difficilmente lasciava scampo a chi vi si trovava in traiettoria intento ad assaltare la fortezza per la sua presa.
Dal cortile e scendendo la scalinata per arrivare il Borgo avrete già la visione dinnanzi a voi del Masso Leopoldino e della Torre dell'Orologio.
Il Borgo è ora in parte abbandonato a causa degli immancabili fenomeni franosi (Civita di Bagnoregio docet........ricordate??) ma è rimasto intatto nella sua struttura medievale ed al turista si presenta proprio come doveva essere quando i soranesi, sfidando la sorte qui vennero ad abitare.
Dalle tante scalinate che si susseguono potrete lanciare lo sguardo verso le bizzarre sculture create dal fiume Lente che nel corso dei secoli ha scolpito il tufo.
Le case sono quelle medievali tipiche, che si sviluppano in altezza quasi fossero delle piante in cerca del sole del quale abbisognano ed al loro interno presentano planimetrie singolari dove i piani non si sviluppano allo stesso livello, bensì sono sfalsati e collegati tra loro da scalinate in legno o in pietra.
Questo perché furono costruite sfruttando gli incavi naturali del tufo ed una serie di gallerie e cunicoli che per la loro struttura, richiamano tombe rupestri etrusco – romane.
Certo che anche qui tra salite e scalinate c'è da impegnarsi non poco e pure la giovane Irene dà prova di sfinimento imitando il classico suono che emette Paperino quando scarpina.......pant pant pant.
Esattamente di fronte alla parte più antica della fortezza un grosso e poderoso masso tufaceo, fortificato nel settecento, dà vita al Masso Leopoldino le cui pareti sono state smussate e levigate a mano conferendogli così l'aspetto liscio, scivoloso, che non permette appigli di sorta, mentre la sua sommità fu spianata creando una terrazza dalla forma irregolare e dove oggi soffia anche un vento freddo per la verità.
Sul lato più vicino alla Chiesa di San Niccolò fu eretta la Torre dell'Orologio che tutt'oggi batte e scandisce tempo e ritmi degli abitanti.
Continuiamo la nostra scoperta del Borgo infilandoci nelle viuzze strette e sinuose dove il vento sembra accelerare e render più forte il suo fischio.
Passiamo per il Palazzo Comitale, un tempo residenza degli Orsini che, anche se ristrutturato, presenta ancora intatta la sua eleganza rinascimentale e lo testimoniano il portale con l'architrave che riporta preziose decorazioni e l'iscrizione dedicata al conte Ludovico, figlio di Niccolò III capitano della Serenissima Repubblica di Venezia, alla cui memoria questa città dedicò un monumento equestre. Il Palazzo è tuttora abitato per cui è abbastanza difficile, anche se non impossibile, superare il portale per visionare il cortile interno dove si vedono archi, colonne ed una scalinata che porta ai piani superiori.
Incontriamo delle trattorie invitanti, ma Jenny serra le fila e gli occhi, brutto segno questo, e tiriamo dritto.
Un po' perché la spesa sta scivolando incontrollata, un po' perché continua a metter su chili nonostante le camminate indicibili, sta di fatto che finiamo in camper a mangiare qualcosa velocemente in attesa della visita alla fortezza.
Il tempo di ricaricare la batteria della digitale e scaricare la memoria dalle foto della
mattinata con Capodimonte e Sorano e siamo pronti. Ci accoglie una ragazzetta giovane che sostituisce una sua collega oggi in ferie e che si scusa in anticipo se non riuscirà a darci tutte le notizie in merito, in quanto lei opera alle tombe ed è più ferrata su quegli argomenti. Agli inizi del 1300 era il castello Aldobrandesco divenuto poi nel 1380, all'epoca del conte Bertoldo Orsini, la Fortezza Orsini appunto.
Il medesimo architetto della Rocca di Spoleto, seguì anche questa costruzione la cui realizzazione si impone in virtù dell'importanza che Sorano ebbe nei secoli per la sua posizione territoriale, ritenuta forte, strategica, rilevante.
Il fiume gira per tre lati attorno al pianoro e questo costituisce importante meccanismo di difesa naturale.
Tuttavia la sua enorme mole non compare in tutta la sua imponenza dall'esterno, perché verso la campagna mostra soltanto i due bastioni angolari, la cortina che li unisce ed il basso e massiccio torrione quadrato che sovrasta a cavaliere quest'ultima.
Un vasto piazzale, sostenuto per due lati da muraglioni a picco, separa il baluardo avanzato da un secondo corpo di fabbrica assai più antico, con un torrione rotondo al centro, che costituì la prima Fortezza, prima delle aggiunte di Niccolò IV. I portici ed il secondo cortile separano l'abitazione castellana dalle rampe di scale (percorse prima per scendere al Borgo) che sono state ricavate nella roccia viva.
Qui però è meno arcigno l'ambiente e si vedono le tre parti ben distinte con il Mastio, i due grandi bastioni chiamati “Le Bozze” ed i quartieri di abitazione per la famiglia comitale, per il castellano e per i soldati.
Sul bastione di levante sorgeva un mulino a vento per fabbricare polvere da sparo,su quello di ponente ce n'era uno analogo per macinare le granaglie. Interrato e ben protetto c'erano il magazzino della polvere e del salnitro, la fonderia per i cannoni e gli archibugi, la riservetta delle munizioni, la cantina dei viveri, la cella per i prigionieri e l'armeria normalmente ben fornita.
Il Museo ci mostra parecchi reperti rinvenuti nei pozzi di butto, qualche vestito, la saletta con scrittoio dell'Orsini ed alcune stampe.
Ben più interessanti invece i sotterranei ed i sistemi di difesa con cunicoli, scalinate e salette scavate nel tufo e dove soldati passavano le giornate a guardia della Fortezza. Girando al loro interno, vediamo cunicoli di aerazione, postazioni di fuoco a vari livelli e ci troviamo proprio dietro alle feritoie descritte prima che permettevano il fuoco incrociato su chi tentava di invadere.
Se vi trovate qui capirete perché questa fortezza non è stata mai espugnata. Finiamo la visita rubando alla gentile accompagnatrice notizie sulle tombe che visiteremo magari domani. Se visitate la Fortezza, fate il biglietto cumulativo con la necropoli così da avere lo sconto.
Torniamo al camper e ci avviamo verso l'area di sosta di Pitigliano per metterci in assetto da park notturno.
Arriviamo in quel piazzale asfaltato adibito a posteggio, non c'è acqua e scarico, ma è funzionale ed è una buona base di partenza per la visita alla città.
Mi arriva la telefonata di un frequentatore del forum che mi dice di aver appena parcheggiato.
Gli chiedo che mezzo ha e come volevasi dimostrare è proprio quello che ha appena parcheggiato vicino a noi e pertanto scendiamo per salutarci, conoscerci e scambiare due battute veloci perché il vento è davvero impetuoso.
Noi dedichiamo il resto del pomeriggio al riposo rimanendo in camper a cincischiare, mentre i nostri conoscenti si tuffano subito nella bellissima Pitigliano e se ne vanno in esplorazione.
Ci diamo quindi appuntamento per la serata in camper da me per passare un po' di tempo assieme magari coi resti di un pandoro ed un goccetto di Marzemino.
In piena notte sento il mio vicino mettere in moto e spostarsi per trovare un posto più isolato dove poter accendere il generatore e caricarsi le batterie che sono il problema che lo assilla in questo viaggio (me lo aveva detto la sera prima).

Fine 2 ° parte


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Messaggio Da Camperfree Sab 06 Apr 2013, 14:37

Inizio 3° parte

04 Gennaio 2011
Al mattino muoviamo con tutta calma direzione Parco Archeologico “Città del tufo” che si trova nel comune di Sovana ed è composto da una serie di siti di grande rilevanza archeologica, storica, naturalistica, distribuiti nelle zone di Sovana, Sorano e S. Quirico.
La parte più imponente della necropoli etrusca si trova sulle colline a nord del torrente Calesine dove si possono raggiungere, attraverso dei percorsi immersi nella fitta vegetazione, le tombe monumentali a fronte colonnata coma la Tomba Pola, la Tomba Ildebranda, la tomba ad edicola del Tifone ed ultima in ordine di scoperta la tomba dei Demoni Alati. A poca distanza, nel settore detto di Sopraripa, si trovano le tombe a dado, semidado, falsodado e la tomba ad edicola della Sirena.
Oltre ai monumenti sepolcrali la necropoli è caratterizzata da numerose vie cave tra le più grandiose e suggestive della zona (Il Cavone, la via cava di San Sebastiano, la via cava di Poggio Prisca).
E' una bella passeggiata nel bosco, in una giornata di sole pallido con il ritmo scandito dall'urlo altisonante delle motoseghe di boscaioli che stan lavorando sul fronte opposto al nostro. L'eco fa il resto.
Il biglietto cumulativo ci permette d'accedere ed attraversato il ponticello sospeso che divide il parcheggio dall'ingresso iniziamo la visita del sito precedentemente descritto.
Viviamo momenti carichi di mistero, conditi da una buona dose di paura quando ci addentriamo dentro alle camere mortuarie nelle quali ancora son conservati i sepolcri.
Percorriamo anche il Cavone chi ci inghiotte tra le sue strette ed alte pareti e sembriamo sul set di un film western dove noi probabili coloni ci addentriamo alla scoperta di nuove terre con un occhio rivolto verso l'alto per cogliere i movimenti eventuali di immaginari guerrieri indiani che con occhio vigile seguono ogni nostra
mossa. Manca solo la musica del grande Ennio Morricone!!!!!
Lasciamo questo misterioso posto e pranziamo in camper ed il TG5 mi fa capire che ora è.
Ci spostiamo poi a Sovana e ci addentriamo nel borgo per raggiungere un bel parcheggio piano sulla sommità.
La stradina stretta è comunque percorribile con un po' d'attenzione e soprattutto la comodità e la vicinanza al centro ripagano della piccola fatica.
E' difficile, vedendola ora, pensare a Sovana come la “Regina della Maremma”. Era definita così e ciò che rimane del suo glorioso passato sono solamente i pochi
edifici rimasti ancora intatti e che regalano una gran bella visione d'insieme. Una cosa subito si percepisce, rara, importante, quasi dimenticata, poco osservata. Il silenzio.
Noi entriamo da una via laterale che ci fa sbucare circa a metà paese e giriamo a destra verso la Cattedrale considerato il più importante monumento di Sovana e la si vede svettare alla fine del paese.
I cipressi lungo il viale che porta al sagrato sono curati e ben piantati nel terreno e si ergono verso il cielo con la loro punta incuranti del vento che soffia e spazza il cielo.
Cerchiamo notizie della Cattedrale e sembra sorta sulle macerie di un altra chiesa più antica e della quale rimangono alcuni marmi inseriti nella cripta e nel portale.
L'esterno è da scrutare e l'interno è da ammirare. Ordinato, lucente anche grazie ai lavori di recente restauro.
Tre navate accolgono chi entra e dopo aver girato scendiamo da una scalinata che porta alla Cripta posta sotto all'altare.
E' la parte più antica della Cattedrale e nella parete di fondo son conservati in una teca i resti di San Mamiliano, patrono della cittadina e anche dell'isola del Giglio.
Lasciamo la Cattedrale e seguiamo il sentiero largo a destra che costeggia il borgo ma permette la vista a sinistra del retro delle case del borgo ed a destra si libra sulla vallata.
A metà circa c'è un passaggio a sinistra che ci riporta sulla via principale del paese dove ammiriamo il Palazzo Comunale o Palazzetto dell'Archivio , la Chiesa di San Mamiliano, il Palazzo Bourbon del Monte, la Chiesa di Santa Maria, la Loggia del Capitanio, il Palazzo Pretorio. Quanta magnificenza in pochi metri.
La strada, detta Via di Mezzo o Via del Duomo, sfocia sulla strada comunale, ma non prima di esser passata al cospetto della Rocca Aldobrandesca che sorge sulle fondamenta di un castello eretto appunto dagli Aldobrandeschi e la si nota imperiosa, col suo torrione modificato nel corso dei secoli.
Non ci vuole molto per visitare Sovana e siccome son tutti vicini i paesini, torniamo a Pitigliano velocemente , parcheggiamo in area di sosta e ce ne andiamo alla scoperta del paese imbattendoci subito sul castello Orsini e facciamo invece foto sotto alle arcate dell'Acquedotto Mediceo con sullo sfondo invece Palazzo Orsini, nei pressi di
Piazza della Repubblica con la sua singolare fontana, la Cattedrale incastonata tra il campanile ed un palazzo (e qui apprezzo il grandangolo di cui è dotata la nuova piccola digitale da passeggio), la Chiesa di Santa Maria ed il particolare quartiere ebraico con la sua comunità, definito non a caso uno degli angoli più suggestivi di
Pitigliano.
Passate lo stretto vicolo dal quale inizierete già a respirare un'atmosfera diversa e dopo aver fatto i gradini troverete la biglietteria dalla quale potrete accedere ad edifici saturi di storia e tradizioni giunti fino a noi grazie alla cura ed alla ricostruzione certosina di moltissime persone.
Qualcuno scavato direttamente nella roccia, altri costruiti ma tutti interessanti, dal Bagno Rituale alla Cantina, dal piccolo museo della Cultura Ebraica alla Tintoria, dalla Macelleria Kasher al Forno degli Azzimi dove, se volete, potrete comperare il dolce tipico da loro preparato. Non possono chiaramente mancare Sinagoga e Cimitero Ebraico. Gli ebrei oggi a Pitigliano non sono più di cinque, ma l'Associazione “Piccola Gerusalemme” fonde insieme ebrei e cristiani che nel rispetto reciproco mantengono in vita questa storia fatta di tradizioni e collaborazione anche culturale oltre che sociale.
Grazie a questo noi possiamo ora ammirare quanto vi ho appena elencato. Nel nostro girovagare abbiamo trovato “la Casa delle Farfalle” dove incuriositi io ed Irene siamo entrati e siamo usciti solo dopo un'ora e mezza. Il proprietario, appassionato e profondo conoscitore del mondo animale, si è specializzato su farfalle, coleotteri, scarafaggi, ragni e non resistere al fascino con il quale li descrive, con la sapienza e la conoscenza con la quale ne parla prendendo in mano la teca e facendola avvicinare al nostro sguardo. Abbiamo conosciuto animali di angolo del mondo, per catturare i quali è rimasto in attesa per giorni e giorni, negli angoli più remoti del pianeta.
Incredibile davvero e tutto per pura passione. Non naviga nell'oro ma resiste a chi lo vorrebbe coprire del prezioso metallo pur di avere la sua collezione.
In una confusione pazzesca lui solo riesce a raccapezzarsi ed a colpo sicuro sposta le teche e mostra quella contenente l'animale di cui sta parlando.
Io non conosco nulla per cui quando mi diceva il nome latino della bestiola fermata da una spilla e conservata con dovizia di accorgimenti, poteva anche barare, ma non ne ho avuto assolutissimamente l'impressione.
Io ve la consiglio e rimarrete stupefatti e soprattutto quante cose non conosciamo del meraviglioso mondo animale. Jenny, stanca di aspettare al freddo e dopo aver letto tutta la guida, ci viene a cercare e si fa rapire pure lei. Alla fine un'offerta libera è quello che viene chiesto.
Scendendo per una via e salendo per l'altra arriviamo ad una fontana con il monumento al contadino, un bronzo raffigurante un lavoratore della terra intento a stringere il basto sulla groppa del suo asino e chiudiamo così il giro del paese. Da qui si gode una veduta ampia sul fiume, sulle cavità che fungevano da colombare
e su parte del paese. Torniamo al camper, facendo tappa in macelleria per delle fettine ed al supermercato
per della spesa.
Partiamo anche se la sera ed il buio stanno scendendo perché vorremmo giungere a Sarteano per la nottata.
Non è lontana ma i tratti collinari fan perdere parecchio tempo; 40 chilometri di autostrada sono una bazzeccola col camper, la medesima distanza e per di più percorsa col camper in collina diventa un inferno.
Obbligato a rallentare per le curve sinuose, tornanti più o meno larghi, dislivelli creati dalla conformazione orografica del terreno degna di un progettista di montagne russe, paesini sperduti che manco ti accorgi di passare........................... insomma arriviamo a Sarteano e ci piazziamo nell'area di sosta.
E' un parking pubblico con spazi riservati ai camper, soprattutto i fine settimana, con carico e scarico acqua e niente elettricità.
E proprio questo mi crea preoccupazione perché percorrendo nella giornata poca strada, l'Energy Power non ha potuto caricare per bene le batterie di servizio e corriamo il rischio di rimanere al freddo durante la notte.
Faccio un giro a piedi da solo e saluto il vicino appena arrivato con un semintegrale. In piazza trovo ancora un negozio aperto per prendere dell'aranciata e del pane. La prima ce l'hanno, il pane è finito per cui ci accontentiamo.
Al rientro in camper, al caldo, ceniamo e guardiamo la TV ma le batterie mi preoccupano e Jenny, non vedendomi tranquillo inizia a sbirciare dall'oblò della porta d'ingresso della cellula.
Siamo parcheggiati vicino ad una struttura parrocchiale destinata a ritrovo per ragazzi ed adulti e domani ci sarà anche una sorta di lotteria con premi.
E' addobbata di luci natalizie.........................LUCI? Se ci son le luci c'è la corrente, e se c'è la corrente ci sarà una presa, e se c'è una presa metto io una doppia e mi attacco.
Grande idea di supermammajennyfacco (come la chiama la piccola), ora c'è solo da sperare che il cancello non sia chiuso perché dovrei scavalcare. Tranquilli anche qui va tutto diritto e filato, il cancello non è chiuso, anzi scorre che è una meraviglia e con passo guardingo mi avvicino alla cassetta potendo apprezzare, all'apertura della medesima, l'ottimo lavoro fatto in tutta sicurezza da chi ha allestito.
Non serve una presa doppia in quanto c'è già, devo solo prendere un adattatore e collegarmi. Fatto.
Siamo a posto adesso e continuiamo la serata in tutto relax. Verso l'una, poco prima di andare a letto, esco e scollego il tutto: abbiamo rubato abbastanza, non serve di più!
Un grazie al Comune di Sarteano. Certo che dopo ore passate al calduccio del camper, uscire nelle notte con il freddo non è stato piacevole, ma è durato non più di una paio di minuti, compreso lo schiacciamento del dito nel portone. Non fa male Non fa male Non fa male................. e con questa battuta alla Rocky me ne vado in branda in mansarda.

05 Gennaio 2011
La colazione ci consegna un Irene davvero stanca, che preferisce rimanere avvolta nel plaid e col pigiama mentre io e Jenny andiamo a visitare questa simpatica cittadina. Impiegheremo la mattinata anche per l'apertura tardiva del castello. Davvero piacevole aggirarsi di primo mattino per le strettissime viuzze che portano
alla sommità dove il castello domina la vallata. Un bellissimo esemplare di pastore tedesco mi tende un agguato silenzioso e scatena la sua ridondante voce non appena passo sotto alla sua finestra.
Col suo pelo scuro sembra quasi camaleontescamente confondersi nel colore della pietra della casa e con le zampe penzoloni dalla finestra abbaia con forza. Mi ha fatto davvero prendere paura, ma è talmente bello e furbo che si becca una raffica di foto che poi anche Irene apprezzerà tantissimo.
Arriviamo al castello e giriamo attorno in attesa della sua apertura scoprendo che la parte posteriore delle mura si apre su un percorso vita molto bello e funzionale e noi ci passeggiamo con dei cipressi svettanti che fanno da cornice ed una vallata verde e gelata di fronte.
Solo il fumo della sigaretta di Jenny stona in un paesaggio così “salutare”.
Ritorniamo e visitiamo il castello che, anche se spoglio, ha sempre il suo fascino.
E' su tre livelli che visitiamo, con stanze comunicanti tra loro e dove guardie e castellani con le loro famiglie vivevano.
Una strettissima scala a chiocciola mette in comunicazione il pianterreno con tutti gli altri piani ed era usata in caso di attacco come via secondaria di fuga.
Percorrerla in discesa è stato davvero impegnativo, un po' per lo spazio angusto, un po' per la ripidità dei gradini ed un po' per l'avvitamento che produce la discesa se fatta ad una velocità allegra. Da provare.
Al terzo piano si gode a 360° del panorama compreso il parking dove il camper è parcheggiato. Chiamiamo Irene al cellulare e le diciamo di affacciarsi dalla finestra e guidandola facciamo si che il suo sguardo ci scorga, in alto, sul castello, intenti a sbracciarci per salutarla. Scendiamo e passiamo per un pastificio che già la sera prima e stamattina avevo adocchiato per la bellezza della pasta che aveva in esposizione e lo assaltiamo in previsione di fare tappa dalla sorella Jenny per una cenetta col parentame.
Solitamente portiamo sempre loro qualcosa, a volte ricordini fatti di oggettini che rimangono nelle scansie dei mobili ad impolverarsi, a volte prodotti tipici che alla fine non rimangono da nessuna parte se non qualche secondo in bocca e così facendo ci lasciano assaporare posti, paesi e situazioni vissute da poco e delle quali avremo sempre un bel ricordo.
Stavolta optiamo per dei ravioloni alla ricotta da 500 grammi l'uno e che sono davvero una delizia allo sguardo ( e lo saranno anche al palato). Gentilissimi i due coniugi proprietari del negozio ci preparano due bei vassoi dove prendono posto cinque da una parte e cinque dall'altra questi bestioni che, spolverati di farina per evitare che s'attacchino al vassoio e tra loro, prenderanno posto nel frigo
del camper. Camper che il pastaio aveva notato in quanto negozio e laboratorio sono esattamente davanti al parcheggio.
Una signora sta valutando quante tagliatelle fresche prendere ed alla mia battuta di aggiungerne un paio di etti così da poter ospitare anche me, con la dolcezza tipica di una nonnina che già al primo sguardo appare buona come il pane, si gira a guardarmi, piega leggermente la testa e con un sorriso magnifico mi dice che problemi non ce ne sono ed alla mezza si mangia. Esce con noi mentre le tengo aperta la porta nonostante il vassoio e qualche borsetta che m'impiccia e nel ringraziarla la salutiamo con calore. Lei, ancora una volta illumina il volto col suo sorriso.
Lasciamo in camper quanto acquistato e ritorniamo a camminare in cerca di una pasticceria. Si, stasera saremo a Pistoia ospiti di una coppia gentilissima conosciuta in ospedale alla nascita di Irene (è una storia lunga, per certi versi anche triste e la loro bimba aveva ed ha la stessa malformazione di Irene e sono nate negli stessi giorni in uno dei soli tre ospedali attrezzati per questi casi in Italia; da qui è nata una conoscenza che abbiamo coltivato, non ancora divenuta amicizia vera ma siamo sulla strada giusta).
C'eravamo sentiti a dicembre per gli auguri di compleanno delle bimbe (il 15 Irene ed il 24 Maria Caterina) e con l'occasione li avevamo informati che passavamo il fine anno a Roma e da qui l'idea di trascorrere una serata assieme prima di rientrare. Irene da qualche giorno freme perché vuole davvero stare con la sua coetanea, vista una sola volta in occasione di una visita di controllo e poi sentita solo telefonicamente e sente davvero l'evento.
Quindi tassativo ordine di supermammajennyfacco a mani vuote non si va da nessuna parte ed eccoci girare per Sarteano alla ricerca della pasticceria che al laboratorio di pasta fresca ci avevano indicato.
Troviamo pasticceria e pure il dolce e torniamo al camper per il pranzo dove ci aspetta Irene ancora in pigiama ed ancora avvolta nel plaid; in compenso ha scaricato entrambi i suoi DS.
Pranziamo con una pasta veloce veloce e ci mettiamo in marcia per Pistoia che non dista molto attraversando alcuni paesi ed imboccando poi l'autostrada.
Domani è l'Epifania e senza calze e dolciumi per tutti non si va da nessuna parte (ma come non abbiamo già preso il dolce?????????) ed ecco materializzarsi a Pistoia, sulla strada per l'area di sosta, un centro commerciale che fa al caso nostro e dove prendiamo il tutto.
A Pistoia l'area è bella grande, ricavata in un parcheggio adiacente agli impianti sportivi ed a ridosso di un bel parco, con tanto di camper service posto però nel parcheggio di fronte a quello adibito alla sosta.
Ci sono già camper parcheggiati, il tempo non è dei migliori e le previsioni danno pioggia per la notte e per domani.
Dall'area alla fermata del bus vi sono una trentina di metri e col bus si arriva in centro
a Pistoia, famosa per la sua grande piazza. Noi andremo a piedi a casa dei nostri conoscenti che per ironia della sorte abitano proprio di fronte all'area di sosta.
Parcheggio il camper e ci mettiamo tranquilli; riposiamo un pochino, giochiamo a carte, guardiamo la TV e poi le donne iniziano i preparativi con doccia, trucco, capelli ed altro e come si sa, serve loro il tempo necessario.
Puntuali alle 20.00 usciamo e ci portiamo alla fermata dell'autobus dove ci eravamo dati appuntamento con Alberto che, anche lui a piedi, ci sarebbe venuto a prendere.
Un grande abbraccio non appena ci incontriamo e poi via verso casa sua dove trovo anche i suoi genitori che salutiamo ed infine la sua famigliola che ci aspettava.
Per stare bene non serve molto, basta solo averne voglia e quella che ci aspetta sarà una serata bellissima e tranquilla, dove tutti si sentono a proprio agio.
Avevo insistito per andare a cena fuori per non far lavorare loro in cucina ma non c'è stato verso ed alla fine tutto è risultato magnifico, piacevole, incantevole.
E' mezzanotte passata quando Alberto e le sue due figlie ci riaccompagnano al camper. Irene e Maria Caterina hanno passato tutta la serata assieme scappando poi anche alla nostra vista e rifugiandosi in cameretta per stare ancor più intime.
Ci salutiamo qui, con qualche goccia di pioggia che bagna i nostri ombrelli e con le ultime sigarette che bruciano in bocca ad Alberto e Jenny.

06 Gennaio 2011
Piove a dirotto quando ci svegliamo e quindi lasciamo perdere l'idea di andarcene in bus a fare un giro per Pistoia e leviamo le ancore.
Anche in autostrada la pioggia e battente e ci facciamo gli Appennini ad una velocità decisamente moderata, complice anche un traffico non indifferente.
Verso l'una ci fermiamo per pranzo in un autogrill sulla Bologna – Padova e chiamo mia cognata per dirle che tra un paio d'ore atterrerò davanti la loro abitazione.
In realtà li avviso di spostare le macchine altrimenti non riesco a parcheggiare in maniera da non dar noia visto che ci fermeremo anche per la notte.
L'accoglienza per Irene è, come sempre, principesca e dopo aversela stretta, coccolata, baciata si dedicano anche a no che nel frattempo avevamo tolto dal frigo e portato in casa i due vassoi coi mostruosi ravioli.
Il tardo pomeriggio lo passano a chiacchierare tra loro le donne, io sistemo foto, scarico mail, navigo.
Per cena solitamente lavoriamo in coppia io e mia cognata e nessuno si azzarda mai a dire nulla, perché in effetti non c'è mai nulla da dire.
Avevo anche preso del pane toscano in filone che affetto per la tavola mentre un'altro filone lo taglio e lo cospargo di un filo d'olio extravergine a mo' d'antipasto.
Del salame casereccio che ancora avevo in camper trova giusta allocazione in un tagliere di legno d'ulivo, affettato obliquamente per aumentarne la dimensione della fetta e privato del budello, in pratica pronto da mangiare. I ravioli, cotti in abbondante acqua salata e conditi con burro fuso mescolato a della panna da cucina e salvia, fanno la loro p***a figura mentre raccontiamo dei posti che abbiamo visitato e sotto l'incalzare delle domande dei parenti, Irene regge bene l'urto, ricordando con esattezza particolari e situazioni.
Sono le 21.00 quando Jenny porta il caffè a me ed ai miei due cognati, che sul divano in salotto guardiamo la TV mentre le donne in cucina hanno già dato vita alla bisca clandestina dove si contendono a colpi di “bestia” enormi capitali composti da centesimi di euro.
Stanco vado a letto in camper verso mezzanotte e saranno circa le tre e mezza di notte quando Irene e Jenny, ancora ridendo e parlando delle loro vincite, vengono a letto.
Quando giocano così in “clan” non le ferma nessuno e solitamente le vacanze di natale sono per loro il terreno ideale di scontro non avendo problemi di orario, lavoro ed altro. Va beh, ascolto mezzo addormentato Irene che mi racconta le sue vittorie come se fossero le gesta epiche di un soldato e me la bacio forte apprezzando la sua vitalità. “Ti voglio bene cucciolo...”son le ultime parole che le dico prima di addormentarmi.

07 Gennaio 2011
Siamo giunti al termine, Jenny inizia già a scalpitare e come tutte le donne camperista (ci scommetto quel che volete) sente aria di casa, di vacanze finite e quindi bisogna iniziare a rassettare, pulire, lavare, sistemare e quindi dopo colazione salutiamo tutti e copriamo i pochi chilometri che ci separano da casa.
Qui ognuno di noi tre lavora in sinergia con l'altro per evitare, visto che piove, di sporcare più di tanto la casa per cui ci organizziamo con Jenny che smonta tutto quello che intende togliere dal camper (quindi a parte i mobili, tutto il resto viene via), io che mi sobbarco il tragitto camper – ingresso ed Irene che prende tutto e porta
dentro. In mezz'ora abbiamo finito e mentre Jenny si occupa delle sue faccende, io rassetto le ultime cose, scarico le grigie e le nere, svuoto le chiare, chiudo le bombole del gas e porto il camper al coperto in rimessaggio.
Irene viene con me, come quasi sempre fa e per strada mi dà sempre una mano a ripercorrere le varie fasi per capire se ci siamo dimenticati di qualcosa.
Pranziamo a casa e tocca a me occuparmene in quanto Jenny ha già una lavatrice in fase di stesura ed una da approntare.
Anche le lavatrici hanno il loro periodo di stress!!!!! Comunque che dire?
Che tutto fortunatamente è andato bene. Roma si conferma una città davvero bellissima, costosa, caotica ma che merita ampiamente di essere visitata e credo che noi ci torneremo anche perché non abbiamo visto tutto quello che ci eravamo prefissi.
La sosta come detto alla LGP è per noi ottimale e nulla da criticare su servizio, cordialità e supporto.
Anche i trasporti pubblici non ci hanno sconvolto più di tanto e nell'insieme un servizio più che accettabile e che diventa anche economico se si usufruisce della card.
Il gasolio costa alla pompa una follia anche se il prezzo del barile è sensibilmente più basso rispetto a quando si registrava circa il medesimo costo e questo ingrassa solamente pochi speculatori che nel mondo decidono a loro pro.
Le cene ed i pranzi ce li siamo goduti ogni qualvolta ne avevamo voglia e volendo si riesce a mangiare senza spendere fortune.
Chiudiamo positivamente anche questa lunga vacanza e se Roma o il circondario è fra le vostre mete, noi vi consigliamo caldamente di visitarla.
Camperfree
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Camper
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