Custoza, le due guerre e l’Ossario
Custoza, le due guerre e l’Ossario
Probabilmente non c’è luogo in Italia legato in maniera così indissolubile a due battaglie. E non a caso l’Ossario, simbolo di pace e pietà per tutti coloro che qui persero la vita, non rappresenta solo il suo monumento più rappresentativo, quanto piuttosto un vero e proprio simbolo. E’ una fama triste quella legata alla piccola città di Custoza: in questo tratto della provincia di Verona, nel 1848, gli austriaci sconfissero gli italiani ribelli sotto il maresciallo Radetzky; e sempre qui gli italiani persero un´altra volta contro gli austriaci nel 1866, stavolta sotto la guida di arciduca Alberto. Entrambe le battaglie furono particolarmente cruente e causarono migliaia di morti da entrambi gli schieramenti: negli anni successivi ai combattimenti, i contadini della zona continuarono a rinvenire scheletri di soldati morti in battaglia tanto che nel 1878 si decise di costruire un sacrario dove sistemare decorosamente i resti dei morti che, non essendo identificabili, non potevano essere riconsegnati alle famiglie. A memoria dei caduti di quelle guerre nacque così l’Ossario, opera dell’architetto veronese Giacomo Franco: di pianta ottagonale, presenta quattro lati grandi con gradinata e pronao e quattro lati chiusi; alla base si trova la cripta con sacrario, mentre nella parte superiore un prezioso e piccolo museo espone alcuni reperti risalenti alle due battaglie. Dalla punta dell’obelisco si gode di un panorama spettacolare sul paesaggio circostante, mentre nel basamento si trovano migliaia di ossa – accatastate in enormi pile – che fungono da muti testimoni dell´epoca delle feroci battaglie. L’Associazione culturale CREA di Custoza è il punto di riferimento per tutto ciò che riguarda l’Ossario. Oggi, però, la cittadina – che sorge tra le colline moreniche nell’entroterra a sud del Lago di Garda verso Verona – è famoso anche per un altro aspetto, decisamente meno inquietante: l’omonimo vino che vi si produce. Si tratta di un vino bianco, insignito della DOC nel 1971, leggero e fresco, a volte leggermente frizzante, da bere giovane e freddo, che viene prodotto da vitigni principalmente di Trebbiano e Garganega, coltivati sulle dolci pendici dei colli della zona.
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